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lunedì 15 ottobre 2012

Crescita maledetta

di Andrea

Siamo nell’era della crescita obbligata. Ma perché dobbiamo vivere con l’idea fissa che dobbiamo crescere? E’ giusto? Ma soprattutto è sostenibile?
Tante sono le discussioni riguardo a questo tema ma nessuno sembra voler mai mettere seriamente in discussione il vero nocciolo della questione, il nostro sistema produttivo. Non si può negare che questo ci abbia aiutato a stare meglio, a vivere più a lungo e ad arricchirci; ma la domanda che sorge è questa: siamo sicuri che questo sistema sia il migliore,quello che massimizza l’utilità di tutti? Oppure è solo un metodo che arricchisce chi  ricco lo è già e ritaglia uno spazio sempre più marginale, più costretto ai meno abbienti?
 Prendiamo il Pil, che dovrebbe indicare l’indice di sviluppo di un Paese,di crescita e quindi di benessere. Negli ultimi decenni è cresciuto in modo sostenuto,quindi dovremmo essere soddisfatti. Ma quello che l’indicatore non dice sono tutti gli effetti collaterali che ne hanno conseguito. Per esempio non si tiene in considerazione l’inquinamento prodotto, la distribuzione iniqua della ricchezza, l’utilizzo screanzato delle risorse  e il benessere della persona, che oltre al denaro necessita di tempo libero, spazi verdi e felicità alla quale non si dedica più la minima attenzione.
 Con questo non voglio dire che stiamo male, anzi non abbiamo mai avuto tanto benessere come in questi tempi, ma la mia critica si basa sul ritenere questo benessere fittizio, finto, costruito. Siamo nella società dei consumi dove l’importante è comprare, continuamente senza sosta perché bisogna tenere in piedi un sistema produttivo obsoleto che rischia di crollare come un castello di carta. La felicità rappresentata come possesso. Non siamo nient’altro che consumatori, numeri, cifre e se permettete mi offendo. Mi offendo perché credo di valere molto di più e per questo mi rifiuto di pensare di essere solo “qualcosa” che nasce,cresce,consuma e poi muore; tutto all’interno di un contesto immutabile e indiscutibile dove si bada 
 solo alla quantità e non alla qualità.
Non sono disposto a sacrificare la mia salute,le mie energie e il mio tempo per questo mito della crescita, soprattutto se questo non mi fa essere più felice.

Grafico dell' Economist sulla relazione tra Gdp (il Pil) e la felicità degli individui,(in verticale trovate il Pil pro capite a parità di potere d'acquisto e in orizzontale la percentuale di persone che si dichiarano felici)

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lunedì 16 aprile 2012

Passera ci prende in giro

Ieri, durante un' intervista, il ministro dello Sviluppo Economico Corrado Passera ha dichiarato alcune cose che mi fanno seriamente pensare che chi ci governa sia convinto profondamente dell'inettitudine della maggior parte della popolazione. Se così non fosse, non si sarebbe permesso di prenderci in giro con parole come quelle che gli ho sentito pronunciare. Le due cose maggiormente incriminate sono che il governo ha proceduto a stimolare la crescita attraverso le liberalizzazioni (!) e che è orgoglioso del suo passato di banchiere, perché tra le altre cose le banche italiane anche durante la crisi non hanno mai fermato il credito. Ora, va bene tutto, ma qui si sfiora il ridicolo. Sulle liberalizzazioni mi sono già espresso in passato, in sostanza non si è liberalizzato proprio niente, il Paese è schiavo di Federfarma e di tutte le altre lobby che, più o meno grandi e più o meno a ragione, ci tengono ancorati e non ci fanno crescere. Niente sui notai, sui Taxi, sulla benzina, niente su niente. Con la solita considerazione, cioè che vogliono farci diventare un paese simile agli Stati Uniti fingendo di dimenticare i fattori che hanno fatto grande la loro economia e ricordandosi solo quelli che li rendono invece spesso una macelleria sociale. Sul secondo punto, però, ci sarebbe veramente da sganasciarsi dalle risate. Chi scrive, per fortuna o sfortuna, ha una laurea breve in Scienze Economiche e Bancarie. Ho sentito ogni singolo professore dei miei corsi, sull'argomento, dire che le banche non concedono più credito. Ho sentito personalmente il responsabile del credito della più grande banca di investimenti italiana dirci che oggi non è come anni fa, che le cose sono cambiate. Tralasciando le ragioni per le quali questo avviene, cosa porta Passera a fare un'affermazione del genere? Se si vuole giocare sulle parole, si può dire che finché viene concesso anche un minimo di credito esso non è fermo. Ma è opportuno farlo? Anche tragicamente, in questi giorni le sue parole vengono palesemente smentite (vedi casi di suicidi tra gli imprenditori). Le difficoltà ci sono per il sistema finanziario come per tutti, mai nessuno credo abbia pensato che le banche siano enti di beneficenza, tuttavia hanno certamente più responsabilità nella crisi di tutti noi e, nonostante questo, sono molto tutelate e hanno un'influenza senza pari sull'economia del Paese. Fanno i loro interessi e sicuramente è loro interesse concedere credito per guadagnarci, è un discorso complesso da affrontare. Mi chiedo solo la ragione che possa spingere una persona che sicuramente sa queste cose molto meglio di me a dire una cosa del genere...