di Claudio
“Il maggior problema, ossia uno dei maggiori problemi (ce
ne sono tanti) che l'idea di governo fa sorgere è questo: Chi è giusto che
governi? O meglio, chi è così bravo da indurre la gente a farsi governare da
lui?
A ben analizzare, si vedrà che: a) chi più di ogni altra
cosa desidera governare la gente è, proprio per questo motivo, il meno adatto a
governarla; b) di conseguenza, a chiunque riesca di farsi eleggere Presidente
dovrebbe essere proibito di svolgere le funzioni proprie della sua carica, per
cui: c) la gente e il suo bisogno di essere governata sono una gran rogna. […]
Ma chi può mai governare, se a chi desidera farlo non è
permesso farlo?”
Vi starete chiedendo chi sia questo guru dell'etica politica,
se Marx, Rousseau, Hobbes o Tocqueville. Nessuno
dei precedenti, è infatti Douglas Adams, nel capitolo ventotto del suo
“Ristorante al termine dell'Universo” (seguito della famosa Guida
Galattica per Autostoppisti), a sviscerare il pensiero cardine dell'etica
politica. È proprio a partire da questa osservazione che lo scrittore
comico-fantascientifico ci fornisce che dovremmo riflettere su l'intero sistema
politico in vigore.
Chi governa, chi è al potere è li perchè vuole essere li, al
comando, e questo fa di lui un potenziale danno per la società stessa che
dovrebbe governare non per perseguire i propri interessi, ma per il bene della
stessa.
Anche quando, seguendo le orme del sogno americano, un uomo
pone ogni suo sforzo per il bene della nazione e coltiva l'ambizione di
divenire presidente degli Stati Uniti per porsi al servizio della sua gente,
anche in questo nobile e romanzato caso pare ovvio che egli non sarà mai
preparato a governare al meglio una nazione. Ben che meno se si osserva la
realtà dei fatti, in cui i candidati raramente aspirano ad una tale benevola
condizione di Servizio.
La classe politica, nel particolare italiano, giunge al
potere con l'obbiettivo di “fare politica” non di governare. La differenza è
sostanziale, è come se la gente si mettesse a dipingere non per il gusto
artistico proprio o altrui, ma per ricavarne denaro e fama. Direte: ma questo
accade anche nell'arte!
Vero, ma come la musica, la scrittura o l'amore, nel
frangente in cui vengono fatte per scambio di denaro, perdono il diritto di
essere chiamate arti, non divengono altro che mere imitazioni di ciò che
ostentano. Lo stesso discorso vale per la politica.
Certo, dal punto di vista storico è accertato che la politica
dall'alba dei tempi sia stata effettivamente un modo per avere potere. Ma la
democrazia sulla quale ne nostre nazioni sono fondate, non è stata pensata come
metodo di controllo della popolazione ma come un mezzo per la
popolazione per auto gestirsi e proteggersi.
La pubblica amministrazione dovrebbe essere al servizio dei
cittadini, garantendone sicurezza e la felicità. Riportando l'articolo 3 della
costituzione italiana: “[...] È compito della repubblica rimuovere gli
ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e
l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana
e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione della
politica, economica e sociale del Paese.” Amministrazioni clientelari e
nepotistiche sono però all'ordine del giorno, incostituzionalmente aggrappate
ad un concetto di politica vecchio che andrebbe cancellato. L'accezione “classe
politica” andrebbe menzionata nei dizionari come un arcaico metodo di lucro,
non come la realtà dei fatti. Un mondo governato da persone adatte alle cariche
per cui si candidano è possibile, ma può essere perpetuato solo da noi
cittadini. Questo vuole essere un invito a scegliere con cognizione il
destinatario della nostra delega. Non è più il tempo, di mettere una croce su di
un viso convincente o su un simbolo di partito legato ad un ideale ormai morto,
al contrario, non lo è mai stato. È tempo di eleggere solo coloro che siano
realmente in grado di governare adeguatamente la nazione nella quale vorremmo
essere orgogliosi di vivere.
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