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mercoledì 8 maggio 2013

Populismo e politicamente corretto

8/5/2013 di Lorenzo

Sta accadendo uno strano fenomeno negli ultimi tempi, che chi, come me segue con assiduo distacco la vita politica, cercando risposte per una società che pare sempre più in decadenza, non può fare a meno di notare.
Farò due esempi.
Per tutta la estenuante campagna elettorale, il leitmotiv è stato Populismo.
O meglio il contro leitmotiv, dal momento che POPULISMO è stata la risposta a tutte le proposte palesemente condivisibili e apparentemente di facile applicazione, riconducibili sostanzialmente ad una sacrosanta riduzione degli sprechi pubblici, passando, se non altro per una questione d'immagine, per i costi della politica.  ( vedi Monti, Bersani, Napolitano ecc. )
Mi chiedo se pretendere o chiedere una cosa del genere, poiché sarebbe condivisa dal 99 per cento delle persone che incontriate per strada, sia veramente populismo?
No.
La parola populismo è ultimamente diventata solamente un modo superiore ed arrogante per scansare le proprie responsabilità, e mi rendo conto di dire una cosa grillina, ( chissà come si diceva prima del m5s?) indice del fatto che la nostra classe dirigente è e rimarrà una minoranza distaccata dalla maggioranza.

Un'altro fenomeno che mi ha colpito è il ricorso al politicamente corretto, con accezione negativa, in senso di buonista e demagogico. Per lo meno in politica.

Pochi giorni fa l'onorevole Micaela Biancofiore, sottosegretario lampo alle pari opportunità, ha affermato in un intervista a Repubblica: <<Mi piacerebbe per una volta che anche le associazioni gay, invece di autoghettizzarsi e sprecare parole per offendere chi non conoscono, magari condannassero i tanti femminicidi delle ultime ore. Difendono solo il loro interesse di parte>>  ed il nostro nuovo premier Letta, in nome della sobrietà ha ritenuto opportuno rimuoverla dal suo incarico.
Alla decisione di Letta sono seguiti malumori e polemiche sulla vittoria del perbenismo e Politically correct. Dell'ipocrisia di mantenere una facciata per bene anche se quello espresso dalla Biancofiore sarebbe un pensiero diffuso ma taciuto.
Mi chiedo se è mai possibile che il politicamente corretto debba essere visto come una smanceria,  noioso e ipocrita, ( immagino nel nome della libertà di dire quel che si pensa ) soprattutto in politica.

La politica deve essere lo stato e lo stato deve essere specchio di correttezza. E la politica deve essere politicamente corretta.

Di fronte a questi due esempi ho l'impressione che stia passando il messaggio deprimente che il pretendere comportamenti e atteggiamenti civili solo perché “troppo giusti” sia cosa superata.

Invito tutti a rifletterci

sabato 24 novembre 2012

L'arroganza dei politici

politici arroganti
Tito Livio:"L'arroganza si limita solo alle parole"
Una cosa mi infastidisce in modo particolare del nostro panorama politico, la convinzione dei politici e dei partiti di essere l'unica risposta possibile a qualsiasi bisogno politico-sociale che possiamo avere. Non capisco questa convinzione di essere si stati nel torto ma, ancora, titolari di un diritto unico a riformarsi, a cambiare. Come se in Italia ci fosse un'unica strada, come se io debba per forza e per tutta la vita guardare solo a ciò che c'è già, perché niente di nuovo potrà mai uscir fuori. 
E' evidente che chi poi trova un modo per uscir fuori, vedi 5 stelle, di queste considerazioni può abbondantemente fregarsene, ma il punto non è quello. Il punto è la convinzione incancrenita che veramente tutto ciò che di nuovo possa esserci sia per forza inferiore o peggiore di ciò che già è stato. La fastidiosa, pesante arroganza di chi crede di essere l'unico, con sessanta milioni di persone disponibili, ad essere in grado di governare l'Italia. Eppure a me sembra di aver visto passare veramente poche persone eccezionali, in questo panorama politico, sarebbe veramente misera questa nazione se non avesse altro, di meglio, da offrire.
Intendiamoci, ben vengano i propositi di cambiamento, solo accompagnati ad un po' di sana umiltà sarebbero più graditi.

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martedì 6 novembre 2012

De etica politica

di Claudio


politica
Il maggior problema, ossia uno dei maggiori problemi (ce ne sono tanti) che l'idea di governo fa sorgere è questo: Chi è giusto che governi? O meglio, chi è così bravo da indurre la gente a farsi governare da lui?
A ben analizzare, si vedrà che: a) chi più di ogni altra cosa desidera governare la gente è, proprio per questo motivo, il meno adatto a governarla; b) di conseguenza, a chiunque riesca di farsi eleggere Presidente dovrebbe essere proibito di svolgere le funzioni proprie della sua carica, per cui: c) la gente e il suo bisogno di essere governata sono una gran rogna. […]
Ma chi può mai governare, se a chi desidera farlo non è permesso farlo?”

Vi starete chiedendo chi sia questo guru dell'etica politica, se Marx, Rousseau, Hobbes o Tocqueville. Nessuno dei precedenti, è infatti Douglas Adams, nel capitolo ventotto del suo “Ristorante al termine dell'Universo” (seguito della famosa Guida Galattica per Autostoppisti), a sviscerare il pensiero cardine dell'etica politica. È proprio a partire da questa osservazione che lo scrittore comico-fantascientifico ci fornisce che dovremmo riflettere su l'intero sistema politico in vigore.
Chi governa, chi è al potere è li perchè vuole essere li, al comando, e questo fa di lui un potenziale danno per la società stessa che dovrebbe governare non per perseguire i propri interessi, ma per il bene della stessa.
Anche quando, seguendo le orme del sogno americano, un uomo pone ogni suo sforzo per il bene della nazione e coltiva l'ambizione di divenire presidente degli Stati Uniti per porsi al servizio della sua gente, anche in questo nobile e romanzato caso pare ovvio che egli non sarà mai preparato a governare al meglio una nazione. Ben che meno se si osserva la realtà dei fatti, in cui i candidati raramente aspirano ad una tale benevola condizione di Servizio.
La classe politica, nel particolare italiano, giunge al potere con l'obbiettivo di “fare politica” non di governare. La differenza è sostanziale, è come se la gente si mettesse a dipingere non per il gusto artistico proprio o altrui, ma per ricavarne denaro e fama. Direte: ma questo accade anche nell'arte!
Vero, ma come la musica, la scrittura o l'amore, nel frangente in cui vengono fatte per scambio di denaro, perdono il diritto di essere chiamate arti, non divengono altro che mere imitazioni di ciò che ostentano. Lo stesso discorso vale per la politica.
Certo, dal punto di vista storico è accertato che la politica dall'alba dei tempi sia stata effettivamente un modo per avere potere. Ma la democrazia sulla quale ne nostre nazioni sono fondate, non è stata pensata come metodo di controllo della popolazione ma come un mezzo per la popolazione per auto gestirsi e proteggersi.
La pubblica amministrazione dovrebbe essere al servizio dei cittadini, garantendone sicurezza e la felicità. Riportando l'articolo 3 della costituzione italiana: “[...] È compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione della politica, economica e sociale del Paese.” Amministrazioni clientelari e nepotistiche sono però all'ordine del giorno, incostituzionalmente aggrappate ad un concetto di politica vecchio che andrebbe cancellato. L'accezione “classe politica” andrebbe menzionata nei dizionari come un arcaico metodo di lucro, non come la realtà dei fatti. Un mondo governato da persone adatte alle cariche per cui si candidano è possibile, ma può essere perpetuato solo da noi cittadini. Questo vuole essere un invito a scegliere con cognizione il destinatario della nostra delega. Non è più il tempo, di mettere una croce su di un viso convincente o su un simbolo di partito legato ad un ideale ormai morto, al contrario, non lo è mai stato. È tempo di eleggere solo coloro che siano realmente in grado di governare adeguatamente la nazione nella quale vorremmo essere orgogliosi di vivere.

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domenica 7 ottobre 2012

Una politica di principi, non di Principi “dalebani”


07/10/2012 di Elena

Il dibattito politico di un Paese con una crisi economica industriale e ormai sociale sembra diventato soltanto uno: Primarie si o primarie no? Nel PD se ne parla apertamente, nel PDL rimane ancora forte il network parentale sociale tipicamente italiano per cui la nomina viene fatta per passaggio dello scettro (non che nella sinistra degli ultimi anni, mascherata dietro la democratica scelta  non si sia fatta attenzione spudorata al mantenimento della poltrona).
 Eppure a meno di un semestre dal voto ancora non sappiamo i programmi che potremo confrontare, nessuno ha parlato di priorità governative. Dopo venti anni di berlusconismo folle (e sembra davvero che di berlusconiani non ce ne siano rimasti che veterani nostalgici) continuiamo a dibattere la costruzione del personaggio che meglio può rappresentare la leadership nel nostro Paese azzoppato dalla finanza speculativa prima e dal governo dei tecnici poi.
A Novembre i nostri bei politici rampanti non si sono preoccupati di volere un governo politico, lungi da loro doversi proporre agli italiani con un programma sensato,  eppure loro ne hanno fatto il loro lavoro della politica e non avrebbero dovuto di certo avere tutta questa fretta di delega verso freddi tecnici burocrati interessati alla mera rendicontazione statale. Ma tutti (chi più chi meno) contenti ci siamo ritrovati con questo bel Governo di tecnocrati, burocrati che hanno gestito il nostro Stato come un ideal type  weberiano, hanno applicato perfettamente regole e statuti senza andare minimamente ad invischiarsi nella storia politica e sociale di un popolo che non ce la sta facendo più (o che forse ce la fa ancora troppo bene per continuare a stare zitto).
Ma sono tanti quelli che hanno già una tremenda nostalgia del governo Mario Monti; ce l’hanno quelli che lottano per una riforma elettorale senza coalizioni, in cui i partiti sarebbero costretti a nominare un terzo a capo del governo non avendo nessuno la maggioranza sufficiente per proporre il proprio capogruppo, ce l’hanno quegli italiani che temono di vedersi deridere di nuovo dal Parlamento europeo con barzellettieri, ce l’hanno quei lavoratori per cui lo spread, il rendimento dei titoli di Stato e le politiche della BCE non sono altro che l’annunciazione che l’azienda in cui lavorano non avrà il finanziamento della banca rischiando il collasso. Ce l’abbiamo un po’ tutti questo timore. Come un bambino che quando finisce la storia deve andare a dormire e vorrebbe rimandare il momento in cui l’antagonista viene ucciso e la storia giunge all’epilogo i nostri politici affezionati non vogliono la sconfitta del mostro Monti per non vedersi recapitare la famosa lettera di licenziamento (le cui politiche hanno reso così frequenti) che li rimanda a casa.
Rottamare, rinnovare, ricambiare? Non so quale sia il termine più appropriato. Noi che siamo stati definiti la “generazione persa” non possiamo continuare a tenerci i Principini della vecchia generazione a governare; vogliamo tenerci alcuni princìpi, ma non vogliamo quelli che Einaudi definirebbe i “dottrinari”, quelli che non si interrogano sui propri valori, ma li accettano miseramente perché imposta dal gruppo parlamentare di appartenenza, siamo stanchi di questo assurdo vecchio modo di far politica, dove il merito non conta (ed io non ci sto a dire che il merito in questo Paese farebbe soltanto danni), dove i legami famigliari regolano le scatole cinesi del potere delle aziende e delle istituzioni, basta con questi burattini il cui punto di vista è la fede politica incondizionata e trascendentale del Partito. Non esistono principi che non siano fondati sull’esperienza, sul ragionamento e un Partito non può chiedere uniformità di pensiero, perché non può esserci uniformità di vite. Ben vengano dunque le Primarie in cui si mette in gioco la linea di partito, vorrei soltanto che al termine non trovassimo un leader, non ne abbiamo bisogno, di un programma invece che delinei l’immagine di società che ci vogliamo proporre e soprattutto che metta al primo posto la politica industriale ne abbiamo una vitale e necessaria necessità.

Bersani, Renzi ora che sappiamo finalmente che la partita è ancora aperta e che le regole ci piacciono a tutti diteci che cosa volete fare e dove volete andare: “Usato garantito o rottamatori” che sia il MERITO a scegliere la Weltanshaung per ripartire, il locomotore delle idea di sinistra a cui sarà spero rinnovato il modo di pensare e lasciato il giusto spazio di intervento individuale. Basta al vecchio PCI mascherato, basta  parlare del mio partito come di una casata mafiosa e attenzione mio caro “Usato garantito” riguarda i tuoi principi, i tuoi valori come coefficienti del tuo operato e non ti limitare a garantire il trono ai soliti Principi “dalebani” non ci occorrono più e il loro scettro di marzapane si è sciolto completamente. 


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mercoledì 3 ottobre 2012

Siamo così innocenti?

2/10/12 di Andrea


In questi giorni si leggono innumerevoli articoli, si ascoltano dichiarazioni dove sembra che l’unico obiettivo di una politica malata sia  fare pulizia. Pulizia, termine  a dir poco curioso e fuori luogo se pronunciato da chi è stato sorpreso con le mani nella marmellata. Pare che tutti,ma proprio tutti, si dissocino da quello che in Italia è divenuto consuetudine  da molto tempo, troppo tempo. Leggo di  giornalisti stranieri  che, additandoci come popolo dalla memoria corta, definiscono paradossale la situazione italiana; si pensava che con  tangentopoli la classe politica italiana avesse toccato il fondo e che con  Craxi e tutta quella corruzione per gli appalti pubblici ci si sarebbe convertiti a una politica più pulita,almeno in apparenza. Questo non è chiaramente successo altrimenti non saremmo qui a discuterne. Il fatto è che la classe politica ha affinato la capacità di appropriarsi di soldi che non gli competono,cosa intollerabile specialmente in un periodo dove si richiede di fare sacrifici. Cominciamo con l’evidenziare il problema della legge elettorale (“il porcellum”)che ha consentito a tante incapacità viventi di fare carriera in politica,ma è anche vero che  non possiamo incolpare questa legge di tutto, dal momento che  per esempio Fiorito come molti altri è stato eletto con le preferenze.
Il problema vero è che noi ci siamo disinnamorati della cosa più preziosa, che da tempi immemori permette alle civiltà di vivere in comunità: l’arte del governare, non del rubare come qualcuno ha erroneamente frainteso. Troppo spesso non ci siamo informati o abbiamo detto che non era affar nostro, quando in verità avevamo il dovere di vigilare; certo ci sono gli organi di garanzia per questo ma il primo a cui un politico deve rendere conto è al proprio elettorato. La chiave di tutto non sta tanto in chi ti rappresenta,quanto  in chi  ti legittima: l’elettore,colui che con l’esercizio del diritto di voto sancisce come rappresentante dei propri ideali e interessi un individuo. Certo è che da un corpo elettorale informato, critico e partecipe non può che uscirne una buona classe dirigente. Politica  è divenuta ormai  sinonimo di corruzione,clientelismo e malaffare, tutte “attività”  che trovano terreno fertile nell’ignoranza e nel disinteresse. Con questo non  ritengo che sia esente da colpa  chi ormai di questa casta fa parte da anni, ma in gran parte la responsabilità non è da attribuire a nessun altro se non a noi stessi, che abbiamo lasciato che ci inquinassero sotto il naso la “res publica” .

giovedì 27 settembre 2012

Sallusti in carcere, è giusta la reazione?

Giustizia
Giustiza, Giotto, Cappella degli Scrovegni
Il direttore del Giornale Alessandro Sallusti è stato definitivamente condannato ieri al carcere per aver consentito la pubblicazione di un articolo diffamatorio quando era direttore di Libero.
 Ora, sono d'accordo che in un paese civile non si dovrebbe andare in carcere per un reato d'opinione. Tuttavia mi sembra che manchi una parte fondamentale nel ragionamento che sta sotto questa vicenda: la legge è legge, lo è quella che interessa tutti e lo è quella che interessa uno. Sallusti non è stato condannato in modo ingiusto, semmai è ingiusta la legge, come possono esserlo molte che riguardano molte più persone. E' passato attraverso più gradi di giudizio, ha avuto giusti processi ed è stato condannato. Ha anche rifiutato di accettare il pagamento di una somma ulteriore al querelante diffamato, per sua stessa ammissione. Che voglia intraprendere una personale battaglia contro l'ingiustizia della legge, a me sta bene. Non mi sta bene, però, che l'Italia debba occuparsi di tutelare chi viene condannato per aver pubblicato un articolo diffamatorio, oltre che ampiamente discutibile nei contenuti e nella ricercatezza del ragionamento, quando nessuno si preoccupa dello stato di emergenza estrema in cui si trova il nostro Paese. Politici e giornalisti all'unisono premono per un cambio di legge. Fabrizio Cicchitto, stamattina, auspica una soluzione legislativa in tempi stretti. Mi domando come sia possibile che questa solerzia sia sorta improvvisamente nell'animo di giornalisti e politici, quando da mesi aspettiamo di vederla anche per legge elettorale, corruzione e simili. La risposta pare ovvia: gli interessi di molti sono evidentemente meno pressanti dell'interesse di uno. Uno che, beninteso, non è un malato la cui cura sia stata rifiutata da un ospedale. Non è un operaio sottoposto a contratti indegni di una democrazia. Non è un pensionato che non ce la fa ad arrivare a fine mese. Non è un malato o un invalido che non riceve fondi perché i suoi fondi finiscono nelle tasche di qualche consigliere regionale. E' un condannato, secondo una legge dello Stato. E, soprattutto, è uno. Sallusti continui pure, giustamente, la sua battaglia, per la quale simpatizzo. Ma si smetta, in Italia, di muoversi solo quando c'è da salvaguardare il Sallusti di turno, mentre si trotterella quando ci sono da salvaguardare gli interessi di tutti. E' un concetto molto distorto di vicinanza alla gente.

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domenica 20 maggio 2012

Il RUBrICONE


20-05-2012 di Michele

"Mai nessuno nella storia repubblicana si era spinto a tanto; mai nessuno aveva osato tanto".
Queste sono state le parole unanimemente evocate da destra e sinistra, tecnici e politici, giornalisti, gente comune ecc...Mai nessuno aveva osato mettere una bomba in una scuola!Mai nessuno aveva osato stroncare delle vite di poveri ragazzi innocenti in maniera così meschina e barbara; è vero!Ma perchè ce n'era bisogno?C'era mai stato bisogno di alzare l'asticella così in alto per attirare l'attenzione?Evidentemente no!Evidentemente l'attentato di 20 giorni prima al presidente antiracket di Mesagne, Fabio Marini (di cui io personalmente non sapevo nulla, e penso anche la maggior parte di voi che state leggendo) non aveva destato tanto scalpore.Evidentemente l’attentato di un mese prima al dirigente Adinolfi non aveva destato tanto scaplore (o forse non quello richiesto dagli autori).Ovviamente ho mischiato due fatti che non c’entrano nulla l’uno con l’altro perché slegati sia per le motivazioni scatenanti,  che per gli autori, che per la metodologia, per tutto insomma; però li ho volutamente messi in evidenza insieme, perché in queste ore/giorni si sta discutendo e si discuterà sulla matrice di questo vile attacco all’innocenza e si tireranno fuori le più disparate ipotesi e tesi e si faranno speciali che dureranno pomeriggi interi (magari condotti da showgirl piuttosto che da giornalisti) quando invece è palese a tutti che un attacco del genere nel luogo natale della Sacra Corona Unita, nei giorni in cui ricorre il 20° anniversario dalla morte di Falcone (e Borsellino di conseguenza), in una scuola intitolata a Falcone e che era stata premiata con il premio per la legalità contro le mafie; mi sembra abbastanza stupido pensare che l’artefice del delitto sia un “pazzo” e basta; e spero che alcune istituzioni corrotte (e mafiose di conseguenza, locali e non) non cerchino di insabbiare tutto con questa scusa .Non mi interessa se il mandante è il grande boss o è stato un gesto di un “pesce piccolo”per mettersi in luce; mi interessa soprattutto il valore simbolico che ha, e cioè che la mafia può colpire come e quando vuole e può mettere in ginocchio chiunque si schieri contro di lei e soprattutto ha messo in risalto come lo Stato sia assolutamente inefficace nel prevenire ed inefficace nel combattere.
Ma ritornando al motivo per cui sto scrivendo non si può più sottovalutare quello che sta succedendo in Italia.Un ventennio di coltivazione dell’odio verso il “nemico” (che sia un avversario politico, sportivo o quant’altro) ha contribuito a formare un substrato di aggressività (repressa fino ad oggi) che unito ad una diminuzione della sensibiltà, dello sdegno, della capacità di comprensione della gravità di certe situazioni, è sfociato in un clima di tensione (e non sto assolutamente parlando di “strategia della tensione” perché dietro a tutto ciò non c’è nessuna strategia, nessuna organizzazione, la cronaca non viene “gonfiata”, anzi…a due ore dal fatto ieri mattina c’era un solo telegiornale che faceva una diretta da Brindisi); sto parlando di un clima sociale che sta diventando insostenibile, sto parlando di gente che va ad aggredire le sedi di Equitalia, non pensando che lì dentro ci lavorano dipendenti a 1200 euro al mese che potrebbero essere i loro cugini, nipoti, fratelli e che probabilmente hanno gli stessi problemi economici (e non solo) loro; sto parlando delle “guerre” allo stadio che a tutti noi sembrano incomprensibili: “ma come si fa ad uccidersi per uno sport, ma come si fa ad andare lì a fare solo casino”, eppure la maggior parte delle persone, inserite in quell’ ambiente, trovandosi in uno o in un altro dei due schieramenti, reagiscono, e come se reagiscono… Ovviamente è adesso il momento dello “sfogo sociale” perché tutto questo odio e tutta questa violenza non potevano che “eruttare” nel momento economico più difficile degli ultimi 20 anni (almeno) e si abbatteranno  con un frequenza sempre più crescente  su responsabili e innocenti.
E’ l’ora che lo Stato metta la parola FINE alla violenza gratuita!
E’ l’ora che lo Stato metta la parola FINE alla volenza “giustificata”!
E’ l’ora che lo Stato metta la parola FINE alla Mafia!
E per farlo deve assumere una posizione precisa ed inequivocabile, deve schierarsi apertamente e deve iniziare una guerra di idee, usi, modi di fare, modi di reagire per i primi due scopi, ma purtroppo penso che per il terzo obiettivo esista solamente una via ormai…e non sono gli annunci di cordoglio, di vicinanza, non sono i cortei e non sono le manifestazioni…purtroppo la protesta nn serve più, siamo già andati troppo oltre!

martedì 17 aprile 2012

Alfano Bersani Casini, quanto siete carini

Alfano, Bersani e Casini hanno fatto sapere ieri sera, in occasione della loro relazione alla proposta di legge sui finanziamenti ai partiti che hanno presentato tutti insieme allegramente, di essere contrari all'abolizione totale dei finanziamenti ai pariti. Premesso che dell'argomento ho già parlato, ripeto che sono anche io convinto che i rimborsi elettorali debbano essere dati ma in un certo modo c he preveda la loro totale esclusione dalla gestione del denaro (rimborso diretto dello Stato a chi gli fornisce i servizi). In questo modo, saremmo anche sicuri che i rimborsi siano veramente rimborsi e non altro. Detto questo, mi vorrei soffermare un attimo sulla soave unione di voci che caratterizza l'espressività di questi tre leader di partito oggi. Persone che dovrebbero odiarsi politicamente cinguettano in modo amabile, mentre la leggera brezza primaverile li avvolge. Ora, se tappandosi il naso si può giungere a concepire l'idea che per un fantomatico senso di responsabilità verso lo Stato, malattia nuova che li ha contagiati da poco, si mettano insieme in un governo di unità nazionale mandando a puttane quello in cui credono, questo non è la stessa cosa. Qui quello che li tiene insieme è solo il senso di unità verso le loro tasche. Mi rendo conto che possa essere demagogia, mi rendo conto che possa sembrare un discorso banale e terra terra, però credo che la semplicità a volte nasconda delle verità e questo e uno di quei casi. E' mai possibile che nemmeno su questa questione debbano venir fuori soluzioni e proposte differenti da tre partiti che insieme dovrebbero rappresentare la stragrande maggioranza del Paese? E' mai possibile che si debba assistere a uno spettacolo così ideologicamente indecoroso, così penoso mentre tutti noi facciamo sacrifici e veniamo sommersi di tasse? Non dovrebbero nemmeno avere la faccia di presentarsi in pubblico e stanno lì come tre chierichetti a fare quelli che necessitano di finanziamenti per non essere preda degli interessi particolari, delle lobby. Come se oggi non lo fossero...

lunedì 16 aprile 2012

De Gregorio non rinuncia all'immunità, ultimo dei tanti

Il senatore del PdL Sergio De Gregorio è, in questi giorni, sotto i riflettori perché si sospetta (diciamo così...) che il suo passaggio da uno schieramento ad un altro del parlamento, era infatti senatore IdV, sia stato lautamente ricompensato. Economicamente, s'intende. Non voglio addentrarmi nel merito della questione, voglio invece soffermarmi sul seguito, cioè sulla dichiarazione di De Gregorio nella quale sostiene di non voler rinunciare alle sue prerogative di parlamentare. In sostanza, all'immunità. Non è il primo caso di parlamentare che sfrutta questa tanto discussa prerogativa. Quello che mi fa imbestialire è che lui, come tanti altri senza arte né parte che popolano il Parlamento, possa essere trattato come un cittadino diverso dagli altri solo in quanto parlamentare. Se fosse vero quello che gli si addebita, sarebbe il peggiore esempio di politico (anche se la gara è dura...) al quale si possa pensare. Una persona che vende i propri ideali, a questo punto molto ipotetici, per denaro. Vero è che ci saranno molte cose che noi non conosciamo della vita politica e sulle quali possiamo solo fare ipotesi, magari questo è un malcostume molto più diffuso di quello che si possa pensare. Credo che, però, non ci dovrebbe essere nessuna prerogativa di immunità parlamentare per una fattispecie del genere. Qui stiamo parlando di un'ipotesi che vorrebbe dire disprezzo più completo per gli elettori, per i cittadini, per il paese che a questo signore dà un ricco stipendio proprio per permettergli di non dover sottostare ad influenze esterne, a condizionamenti di tipo economico. La pochezza della politica italiana oggi è disarmante. Vedere servizi delle Iene che continuamente dimostrano come ci siano innumerevoli parlamentari assolutamente ignoranti o disinformati è una vergogna. Non potendoli nemmeno scegliere, ci ritroviamo con un parlamento abitato da parassiti, assolutamente incapaci di prendere decisioni di testa propria, vegetali che aspettano solo indicazioni da quattro o cinque leader di partito mentre ingrassano. Che sia uno schifo è palese, che sia generalizzato anche, oggi tocca a De Gregorio dimostrare di essere diverso da tutti noi, domani chissà...


Vedi anche Lusi,altri tredici milioni e la speranza che non c'è più, Belsito, la Lega e le tette di Mamma Stato

domenica 15 aprile 2012

Bersani, contrastare antipolitica, contrasti sé stesso invece

Pierluigi Bersani, capo del PD, oggi dichiara che i partiti hanno la necessità di contrastare l'antipolitica, altrimenti tutti verrebbero spazzati via. Tutti loro, ovviamente. Sostiene che ci siano in giro molti apprendisti stregoni che sollevano un vento cattivo. Mi avvio sempre di più a pensare che il PD abbia deciso di rovinarsi completamente, cosa in cui sono già stati bravi in passato. Teoricamente parlando, lui che sta a sinistra, almeno a centrosinistra, dovrebbe essere vicino alla gente, vicino ai deboli. Da cosa pensa che nasca l'antipolitica? Nasce dalle sue scelte, prima di tutto, perché la popolazione vede che lui e i suoi amichetti si mettono allegramente insieme, rinunciando ai principi e ai diritti fondamentali che dovrebbero difendere coi denti (vedi articolo 18 per il PD). Dal fatto che si mettono di traverso per evitare che si tocchi il loro stipendio, dal fatto che la politica non fa altro che proporre scandali ogni giorno. Bersani non deve essere contro l'antipolitica, deve capirne le ragioni profonde, deve capirne la delusione, la delusione che lui stesso ha creato ed alimentato. Deve capire che l'antipolitica non è fatta di persone che di politica si interessano. L'antipoltica non è una protesta, è il tentativo di cambiare la politica dal di fuori, perché ci si è resi conto che da dentro non cambierà mai. Bersani capisca che l'antipolitica è fatta di ideali di giustizia ed equità che loro hanno calpestato, l'antipolitica è il frutto della loro incapacità, del loro essere lontani da tutti. Torni ad essere vicino alla gente, invece di creare mostri che non esistono. Al buio, qualsiasi cosa fa paura, ma se accendessero la luce nella loro testa vedrebbero che non c'è proprio da aver paura di niente. Sennò, che vengano spazzati via, tanto meglio...

venerdì 13 aprile 2012

Monti il Profeta

Mario Monti, parlando oggi agli stati generali della Protezione Civile, ha citato la legge sulla stessa protezione come prova del fatto che il sistema paese ha lo sguardo troppo ripiegato su sé stesso. Mi domando cosa si aspetta dall'Italia questo signore. E' arrivato promettendo che ai sacrifici sarebbe stata accompagnata l'equità. Non ha fatto altro che mettere tasse, cedendo sul tema delle liberalizzazioni alle prime voci contrarie. Non ha reso affatto più facile, per i giovani, né trovare un lavoro né realizzare eventuali iniziative imprenditoriali. Non parliamo nemmeno del tema della ricerca, del tema dell'istruzione. Loro che sono tecnici e guardano tanto all'America, dovrebbero sapere che alla base del successo dell'economia statunitense c'è il fatto che sono il paese al mondo che investe di più nella ricerca. Come fa, il sistema Italia, a non essere ripiegato su sé stesso? Che fiducia dovrebbe avere un giovane nel futuro? Che fiducia dovrebbe avere un lavoratore dipendente che a cinquant'anni si vede appendere in cima ad un burrone, al quale viene detto che dovrà lavorare da un'altra parte, ammesso che lavorerà? In tutto ciò, poi, c'è anche da dire che chi veramente fa i sacrifici vede intorno a sé milioni di merde che evadono le tasse allegramente, fregandosene di tutto e di tutti. E' impossibile, caro Monti, pensare seriamente che ci possa essere un sistema Italia non ripiegato su sé stesso, perché tu hai contribuito a rendere gli Italiani un popolo di sfiduciati. Tralasciando il fatto che tu, del liberalismo, sembri aver capito ben poco, dato che pensi solo a mettere tasse e poco a liberalizzare, come dovrei definirti? Sei forse politicamente di destra estrema? Giacobino? Puritano? Ottimato? Penso che almeno si possa definirti profeta, o Messia, dato che riveli queste grandi Verità sull'Italia. Non per vantarmi, ma io lo avevo già detto ieri...

giovedì 12 aprile 2012

Lusi, altri 13 milioni e la speranza che non c'è più

Mentre la Lega è alle prese con la più grande crisi che abbia mai vissuto per questioni legate alla gestione dei soldi del partito e mentre il parlamento in fretta e furia cerca di mettere una pezza alle continue figuracce che i nostri rappresentanti sono soliti regalarci, qualcuno potrebbe essersi scordato di Lusi e della Margherita. Oggi viene fuori che l'ex tesoriere del partito avrebbe sottratto alle casse altri 13 milioni di euro, non bastassero quelli precedenti. La cosa passa quasi in secondo piano, sembra quasi una non-notizia e tutto questo è lo specchio dei tempi. Tempi in cui la gente che ha fiducia nella politica è praticamente ridotta ai soli iscritti. Io scrivo quello che scrivo perché nella politica ci credo, anche se non in questa. Credo che, tra le molte colpe che questi signori hanno, ci sia anche la colpa di aver ridotto generazioni intere di giovani a domandarsi se valesse davvero la pena di interessarsi a quello che gli sta intorno. Il mondo è sempre andato avanti per la fiducia nel futuro, per l'intraprendenza, per la speranza della gente. L'Italia oggi non rappresenta niente di tutto questo. I ragazzi della mia età otto volte su dieci non guardano nemmeno il telegiornale. Aldilà dei soldi, aldilà dello schifo, aldilà delle prese in giro, c'è la consapevolezza di fare parte di una società che è rannicchiata su sé stessa, che ha la faccia sull'asfalto e le spalle al muro. Il loro peccato più grande è aver addormentato l'anima delle persone, averle ridotte a vegetali tristi ed abbattuti. Deve cambiare tutto...

mercoledì 4 aprile 2012

INIZIAMO

DiciamoNoi è un blog che nasce dal desiderio di esprimermi e di ascoltare chi vuole esprimersi. Nasce dalla frustrazione del non poter far sentire la propria voce, quando si sentono troppe voci uguali. Vuole essere un blog che si interessi di politica, temi sociali, economia, e un po' di quello che mi pare. Vuole essere un blog in cui io scrivo e chi commenta può criticare, sperando che critichi pesantemente, perché di educate conversazioni che uccidono i problemi mi sono stufato. Se sarà un fallimento, pace. Se non lo sarà, sarà grande. Io ci metterò la passione.