Impara
la cosa più semplice!
Per
quelli il cui tempo è venuto
non
è mai troppo tardi!
impara
l’abbici: non basta è vero,
ma
imparalo! Non avvilirti!
Comincia!
Devi sapere tutto!
Tocca
a te prendere il potere.
Impara,
uomo all’ospizio!
Impara,
uomo in prigione!
Impara,
donna in cucina!
Impara
sessantenne!
Tocca
a te prendere il potere!
Frequenta
la scuola senzatetto!
Procurati
sapere tu che hai freddo!
Affamato
impugna il libro: è un arma.
Tocca
a te prendere il potere.
Compagno,
non temere di chiedere!
Non
dar credito a nulla,
Controlla
tu stesso!
Quello
che non sai di tua scienza
in
realtà non lo sai.
Verifi
ca il conto:
tocca
a te pagarlo.
Poni
il dito su ogni voce,
chiedi
cosa signifi ca
Tocca
a te prendere il potere.
BERTOLT BRECHT
Se qualcuno parla di MERITOCRAZIA, nel nostro bel Paese, non
parla di Diritto di uno Stato civile, ma è un vigliacco populista che vuole
ubriacare la gente per estirpare voti. E così il nostro bel Renzi parla di
merito? E’ un demagogo che ha snaturato i valori della sinistra che ha aihmé
oltrepassato il vizio antico del “Compagno compagno tu lavora che io magno”.
Avessi sentito un esponente dirigente di qualsiasi “fazione” politica almeno provare a inventare un argomentazione
sulla questione, si accenna per “dovere politico” piuttosto che morale
l’inaccettabilità del taglio fondi che la scuola ha ricevuto nel corso degli
anni, del salasso insopportabile che ha impoverito le possibilità di
insegnamento, di strutture inadeguate, di laboratori inesistenti, ma tutto tace
sul perché sempre più insegnanti non siano soltanto demotivati dal loro lavoro,
ma lo vedano come la spiaggia di frustrazione in cui gettarsi quando ormai
tutte le speranze di salpare l’onda del proprio sogno è scomparsa (poverini a
confrontarsi ogni giorno con studenti convinti che non ci sia spazio per loro e
si annichiliscono nel rifiuto del sapere). Io sarò pazza, ma per me il poter
insegnare qualcosa, il poter aiutare qualcuno a cercare gli strumenti con cui
costruire la sua forma mentis e
sperare che un giorno il mio stesso allievo mi contesti pesantemente sono
davvero un sogno irraggiungibile e non una deriva inaccettabile e credo che non
lo farei forse bene, ma sicuramente con passione e con la voglia di gridare a
questi giovani di domani, (che oggi sono io) che si può fare ciò che si vuole.
Fattostà che della mia motivazione poco importa e per i miei risultati
accademici duramente faticati non si spenderà nemmeno un secondo di attenzione,
si faranno ricerche capillari sul chi sono io, ma non come persona, come
percorso formativo, puntualità e responsabilità ma purtroppo per me come
network sociale e lì? Il CV di schedatura animale attentamente redatto con le
migliori tecniche di comunicazione (poi ci stupiamo che ormai si faccia
soprattutto attenzione ad esse) dimostrerà che oltre il merito non ho nessuna
risorsa da spendere e delusa andrò a ripiegarmi in una disoccupazione che se
tutto va bene si limiterà ad essere una “disoccupazione intellettuale” e non
una disoccupazione totale.
Se dico che John Stuart Mill sosteneva l’uguaglianza nei
punti di partenza e non la garanzia di uguaglianza dell’arrivo, dico qualcosa
in cui tutti siamo d’accordo. Se non ci fosse stata una scuola pubblica
sicuramente io non sarei stata qui a scrivere, certamente non avrei avuto tempo
per i miei “passatempi giochi intellettuali”, con grande dignità mi sarei
accontenta di un lavoro senza richieste particolari. Ma il mio bel Paese mi ha
voluto “illudere”, mi ha detto che la cultura è un ascensore sociale con cui
avrei potuto fare ciò che volevo grazie
al mio impegno e alle mie capacità. Mi hanno insegnato la rivalità del cercare
sempre di essere la migliore e poi oggi si stupiscono che mi si scalda la testa
se mi dicono che in Italia i posti dirigenti (nel privato e soprattutto nel
pubblico) sono per il 68% (scusate se è poco) gestiti dalla rete sociale di
riferimento. Quando nel gergo politichese mi si cerca di convincere che il
nostro Stato è questo e, il merito farebbe dei danni clamorosi perché
interromperebbe il tessuto sociale mi viene l’orticaria. L’altra grande bugia è
che ci sono troppi laureati, non possiamo avere tutti dirigenti. Il nostro
sistema scolastico napoleonico si cerca di curare con una pomata avariata e
anticostituzionale che è il numerus
clausus con cui immagina di creare il giusto numero di laureati da occupare
in ogni settore, senza domandarsi la percentuale di talenti potenziali andati
sprecati tra una crocetta e l’altra. Ma d’altra parte un politico non potrebbe
proporre quello che secondo me sarebbe auspicabile: una complessizzazione di
alcuni corsi di studi che generano la “disoccupazione intellettuale”, quei
corsi appartenenti ad una sorta di new
university che non sono né carne e né
pesce, che sfornano laureati con voti esageratamente alti in quantità
industriali limitandosi ad una programmazione e ad un peso di studio
imbarazzante per una persona che a conclusione si voglia considerare “Dottore”
in qualche materia. Questa falsa lettura sessantottina in cui tutti si dovevano
laureare si è semplicemente ridotta ad un allungamento dell’agonia degli
studenti che credono di ottenere qualcosa dal loro studio che per i più
fortunati può essere molto superficiale tanto gli altri rimandano soltanto a
più tardi il conto della loro provenienza sociale, dato che tali titoli hanno
perso nel mondo del lavoro la loro necessaria credibilità e il discriminante da
sostituire al merito ancora una volta il maledetto tessuto sociale strettamente
incagliato nella maglia fitta dei giochi di potere.
Ma questo non significa
che io non creda nella cultura, la conoscenza che è frutto della
metabolizzazione individuale dei concetti e che non è chiusa in alcun parametro
metrico di valutazione rimane per me la cosa più interessante e bella di cui
l’umanità dispone :
“Non avvilirti!
Comincia!
Devi sapere tutto!
Tocca
a te prendere il potere”.
e
così mi sono messa ad Imparare sperando di vivere del mio MERITARE, perché
qualcuno finalmente si accorgerà che se non vogliamo disastri dobbiamo
riconoscere la validità ancor prima della socialità ereditaria.
Elena
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