domenica 28 ottobre 2012

RubRicone: Berlusconi:no Imu, no Monti, no crisi, no Grillo, no no e poi no.

di Michele

fenice politica
Da Wikipedia: “la fenice, spesso nota anche con l'epiteto di Araba fenice, era un uccello mitologico noto per il fatto di rinascere dalle proprie ceneri dopo la morte.
Una dote che senza dubbio nessuno è in grado di negaare a Silvio Berlusconi è sicuramente quella di saper rinascere dalle proprie ceneri.Dopo la delusione dell’esperienza di Governo del ’94 e con diversi processi in ballo, sembrava già dover uscire dalla scena politica italiana; sembrava che la legge (che non c’è stata) sul conflitto di interessi l’avrebbe fatto tornare esclusivamente alle preoccupazioni imprenditoriali ed invece in 5-6 anni ha riformato il partito ed ha rivinto le elezioni governando per un’intera legislatura.La deludente esperienza prodiana del 06-08 l’ha riportato a Palazzo Chigi ma le molte intercettazioni, tra puttane e Lavitola, lo spread ed i dissidi interni (ed anche l’età se volete) avevano dato a tutti l’impressione che fosse finalmente giunta la fine della carriera politica di Silvio Berlusconi.Ed invece no!
Ed invece ci sono ancora dei conti da regolare, delle leggi ad-personam da fare, la “magistratocrazia” da estirpare, il Governo Monti da far cadere (che fino ad oggi ha appoggiato e del quale aveva anche paventato la sciagurata idea di un bis), l’Imu da cancellare, la coercizione tributaria da eliminare, il Demonio comunista da cacciare.
Ma questa volta non andrà così.
Ormai Berlusconi è una bestia impaurita e come il cinghiale che, ferito dalle fucilate continua a corrrere per qualche centinaio di metri verso morte certa chissà dove, anche lui spaventato dalla sua (o sue, vedremo il caso Ruby) condanna, ha fatto ricorso a tutto il suo vecchio repertorio populista, sparando a zero su tutto e tutti e cercando di fare opposizione piuttosto che governo (che è più facile in momenti di crisi) nella speranza di poter raccogliere un qualche consenso, ormai ridotto all’osso, per poter ancora una volta sedere in Parlamento ed ancora una volta sfuggire alla Giustizia.
Ma la transizione nel PDL è già iniziata, i cosiddetti “falchi” già si stavano scannando per la leadership, il povero Alfano che finalmente da un po’ riusciva a non essere solamente il burrattino del grande Mangiafuoco di Arcore è rimasto spiazzato e se farà un passo indietro per la segreteria (come chiede la Santanchè) allora di sicuro non lo farà per la poltrona di Premier.Napoli addirittura si è sbilanciato dicendo che Berlusconi nel Pdl ormai è in minoranza (non penso) ma di sicuro non gode più dell’appoggio incondizionato di tutti.
Il consenso popolare ormai non è in grado di far ritornare il Pdl (che ormai ha in Parlamento una rappresentanza più che doppia rispetto alla realtà politica attuale) come il primo partito d’Italia (ricordiamoci che la perdita dei consensi nel Pdl è avvenuta CON Berlusconi e non dopo)  anche gli ex-Berlusconiani capiscono (finalmente) che non è più il momento di baraldate e che è l’ora di fare un passo (non indietro, non di lato, ma come si è sempre detto prima di queste locuzioni-buffonata) avanti verso un Governo serio che riesca finalmente a riformare il Paese per metterlo in sicurezza dalla tempesta economico-finanziaria).
Qualsiasi colpo di scena non riuscirà a convincere ancora e forse, se riuscirà a mantenersi unito ma ne dubito, allora il Pdl riuscirà a tenere il terzo posto tra i consensi degli italiani che ormai hanno ucciso la Fenice.


Se vuoi aiutare DiciamoNoi, il modo migliore è un più uno su Google+ sotto al post o in cima alla pagina, un mi piace/condivisione su facebook o altro nonchè, ovviamente, commentare:)

Vedi anche: RubRicone 12/10/12

lunedì 15 ottobre 2012

Crescita maledetta

di Andrea

Siamo nell’era della crescita obbligata. Ma perché dobbiamo vivere con l’idea fissa che dobbiamo crescere? E’ giusto? Ma soprattutto è sostenibile?
Tante sono le discussioni riguardo a questo tema ma nessuno sembra voler mai mettere seriamente in discussione il vero nocciolo della questione, il nostro sistema produttivo. Non si può negare che questo ci abbia aiutato a stare meglio, a vivere più a lungo e ad arricchirci; ma la domanda che sorge è questa: siamo sicuri che questo sistema sia il migliore,quello che massimizza l’utilità di tutti? Oppure è solo un metodo che arricchisce chi  ricco lo è già e ritaglia uno spazio sempre più marginale, più costretto ai meno abbienti?
 Prendiamo il Pil, che dovrebbe indicare l’indice di sviluppo di un Paese,di crescita e quindi di benessere. Negli ultimi decenni è cresciuto in modo sostenuto,quindi dovremmo essere soddisfatti. Ma quello che l’indicatore non dice sono tutti gli effetti collaterali che ne hanno conseguito. Per esempio non si tiene in considerazione l’inquinamento prodotto, la distribuzione iniqua della ricchezza, l’utilizzo screanzato delle risorse  e il benessere della persona, che oltre al denaro necessita di tempo libero, spazi verdi e felicità alla quale non si dedica più la minima attenzione.
 Con questo non voglio dire che stiamo male, anzi non abbiamo mai avuto tanto benessere come in questi tempi, ma la mia critica si basa sul ritenere questo benessere fittizio, finto, costruito. Siamo nella società dei consumi dove l’importante è comprare, continuamente senza sosta perché bisogna tenere in piedi un sistema produttivo obsoleto che rischia di crollare come un castello di carta. La felicità rappresentata come possesso. Non siamo nient’altro che consumatori, numeri, cifre e se permettete mi offendo. Mi offendo perché credo di valere molto di più e per questo mi rifiuto di pensare di essere solo “qualcosa” che nasce,cresce,consuma e poi muore; tutto all’interno di un contesto immutabile e indiscutibile dove si bada 
 solo alla quantità e non alla qualità.
Non sono disposto a sacrificare la mia salute,le mie energie e il mio tempo per questo mito della crescita, soprattutto se questo non mi fa essere più felice.

Grafico dell' Economist sulla relazione tra Gdp (il Pil) e la felicità degli individui,(in verticale trovate il Pil pro capite a parità di potere d'acquisto e in orizzontale la percentuale di persone che si dichiarano felici)

Se vuoi aiutare DiciamoNoi, il modo migliore è un più uno su Google+ sotto al post o in cima alla pagina, un mi piace/condivisione su facebook o altro nonchè, ovviamente, commentare:)


venerdì 12 ottobre 2012

Quello che io non perdono

di Luca


no perdono
Discutendo con varie persone e guardando la televisione, capisco che molte persone considerano Matteo Renzi come un candidato che possa dare una svolta al PD e portarlo sulla via della modernità. Sembra essere la risposta al problema di mancanza di fiducia nella politica che ci interessa, tutti. Approvo molto di quello che Renzi dice, in tutta sincerità. Ma, se si parla di Renzi e di PD, sono molte le cose che non perdono. Non perdono il suo appoggio a Marchionne l'anno scorso: è facile parlare ora, doveva esserlo altrettanto farlo quando si costrinsero gli operai a sottoporsi a referendum incivili e contrari a ogni idea di democrazia che io possa concepire. Non discuto le ragioni economiche della faccenda, discuto il subordinare  i diritti di una persona a tali ragioni, questa è l'Italia e l'Italia deve essere un paese in cui tutto si fa in modo democratico. Non perdono a Renzi l'ostilità alla patrimoniale: secondo Forbes i dieci italiani più ricchi posseggono tanto quanto i tre milioni più poveri. E' una cosa vergognosa ed indegna, di fronte alla quale chiunque viva nello stesso tempo in cui sto vivendo io dovrebbe avere il buon senso di capire che è necessario un forte intervento su questi patrimoni. Non solo sarebbe un efficace metodo per far entrare nelle casse dello Stato un po' di soldi, sarebbe un segnale, sarebbe un simbolo, per uno Stato che deve essere equo, che deve pensare ai suoi cittadini. In Francia Hollande ha tassato al 75% i redditi sopra al milione di euro, non credo che qualche milionario possa morire se sottoposto a simile trattamento anche in Italia. Non perdono al PD gli scandali che lo coinvolgono, le decine di amministratori indagati, imputati, condannati. Non perdono al PD le garanzie a Berlusconi che "le televisioni non sarebbero state toccate". Non perdono al PD l'essersi accorti con anni di ritardo che non si può fare una legge contro la corruzione se chi la vota è un corrotto. Non perdono al PD l'essere contro di Pietro e il non appoggiare apertamente i pm di Palermo, perché la lotta alla mafia è una cosa seria e perché quelli come me si sono stufati di segreti di Stato e verità occultate. Non perdono al PD le parole vuote, i "faremo le riforme", i "bisogna dare delle risposte", i discorsi senza capo ne coda che da anni ci vengono propinati in televisione. Non perdono gli ultimi vent'anni, nei quali il gruppo dirigente è stato sempre lo stesso e che ci hanno portati in questa situazione. Non perdono me stesso, per essere stato troppo poco critico in passato.
 Che Renzi possa cambiare il PD è da vedere, se ci riuscirà magari comincerò a perdonare loro qualcosa. Intanto, non voterò un partito che, Renzi vincente o meno, porterà in parlamento D'Alema, Veltroni, Rosy Bindi, Violante. Credo che in pochi casi, quando si costruisce una nuova casa, si usa il cemento di quella appena distrutta. Forse solo se c'è una grossa penuria di materiale. Ma io non perdono chi crede che in Italia ci sia solo una risposta, chi crede che non ci sia nuovo materiale per costruire, chi crede che non ci siano idee.  Non perdono chi crede che la sua via sia la sola via possibile e crede che chiunque la pensi in modo diverso sia per forza un idiota urlante e privo di ogni facoltà di espressione del proprio libero pensiero. Per essere arroganti ci vogliono ben altri risultati , rispetto a quelli che questi signori credono di poter portare come prova della propria superiorità.



Se vuoi aiutare DiciamoNoi, il modo migliore è un più uno su Google+ sotto al post o in cima alla pagina, un mi piace/condivisione su facebook o altro nonchè, ovviamente, commentare:)

RUBrICONE 12/10/2012


tagli stipendi
12/10/2012 di Michele

La sentenza della Corte Costituizionale in merito al decreto legge (poi divenuto legge) riguardante i “tagli” alle retribuzioni dei Magistrati rappresenta perfettamente la contorta logica italiana di dualismo ideologico.
Il Governo Berlusconi (più o meno un’era geologica fa, ma non ne sono sicuro) aveva  approvato un decreto legge prevedente una riduzione di retribuzione dei Magistrati in termini sia di “stipendio” che di “indennità” (se così si possono chiamare).Le rimostranze dei Magistrati hanno seguito l’iter giudiziario consono, fino ad arrivare alla Corte Costituzionale che ieri si è espressa negativamente in merito, spiegando che queste riduzioni violavano in primis il principio di indipendenza della Magistratura; non rispettavano il principio di contribuzione in base al reddito (ma solo in base alla professione o all’ordine in quanto vanno ad intaccare le tasche di una sola categoria di dipendenti pubblici) ed addirittura ledevano anche il principio per cui chi ha di più deve contribuire in maniera maggiore (in quanto togliendo un’indennità identica per qualsiasi magistrato andavano ad intaccare con maggior efficacia il reddito disponibile di quei magistrati che hanno una retribuzione minore).
L’unione del tremontiano interesse economico e del berlusconiano interesse repressivo hanno dato vita a questo controverso decreto legge che se da un lato mostra l’ingerenza di uno dei tre poteri fondamentali dello Stato (esecutivo) su di un altro (giudiziario), tipico delle dittature, da l’altro la sua incostituzionalità fa accapponare la pelle dei sempre più (e sempre più noi) che non arrivano alla fine del mese e che vedono queste misure di riduzione della spesa pubblica applicate a redditi superiori a 70,000/80,000 euro essere cancellate nella più prestigiosa aula di Tribunale.
Chi ha ragione? Entrambi.
L’indipendenza dell’organo giudiziario non può essere messa in discussione nemmeno per piccoli “aggiustamenti” economici perché questo significherebbe creare un precedente per determinare un potere più forte degli altri (l’esecutivo) che da solo è in grado di gestire l’intero apparato statale (vedi le dittature di ogni colore) oppure per antitesi (considerata la situazione economico/politica), la deriva che ci attende è quella populistico-americana in cui 10 bifolchi scelti a caso e scevri di ogni nozione giuridica vengono scelti per garantire il rispetto della legge, quindi un tribunale di eletti. Quindi è bene che l’apparato giudiziario rimanga completamente autonomo dagli altri due.
D’altro canto, viste le manovre “lacrime e sangue” che tutti noi stiamo assaporando di buongusto da Novembre, sarebbe più che opportuno che tutto il servizio della Pubblica Amministrazione fosse ampiamente riformato (magari non togliendo i buoni pasto agli impiegati a 1200€ al mese ma tagliando un bel po’ di super dirigenti da centinaia di migliaia di euro all’anno, figli del clientelismo; lo so che sembra retorica ma ce ne sono tanti e contano molti buoni pasto) e se, come è e come voglio che rimanga, dobbiamo garantire l’autonomia dei Magistrati, allora sarebbe opportuno che il CSM (magari di concerto con il Ministro dell’Economia e quello della Giustizia) stabilissero delle riduzioni anche per chi con un cospicuo reddito è giusto che contribuisca al risanamento dei conti come ogni altro dipendente pubblico; fermo restando la mia idea economica di “rilancio” basata in primo luogo sulla “correzione” della spesa pubblica e non sulla sua “riduzione”.

Se vuoi aiutare DiciamoNoi, il modo migliore è un più uno su google+ in fondo all'articolo o in cima alla pagina o una qualsiasi condivisione/mi piace su facebook o altro! Nonchè, ovviamente, commentare:)


mercoledì 10 ottobre 2012

Lode alla conoscenza; lode alla società del merito

di Elena

Impara la cosa più semplice!
Per quelli il cui tempo è venuto
non è mai troppo tardi!
impara l’abbici: non basta è vero,
ma imparalo! Non avvilirti!
Comincia! Devi sapere tutto!
Tocca a te prendere il potere.

Impara, uomo all’ospizio!
Impara, uomo in prigione!
Impara, donna in cucina!
Impara sessantenne!
Tocca a te prendere il potere!

Frequenta la scuola senzatetto!
Procurati sapere tu che hai freddo!
Affamato impugna il libro: è un arma.
Tocca a te prendere il potere.

Compagno, non temere di chiedere!
Non dar credito a nulla,
Controlla tu stesso!
Quello che non sai di tua scienza
in realtà non lo sai.

Verifi ca il conto:
tocca a te pagarlo.
Poni il dito su ogni voce,
chiedi cosa signifi ca
Tocca a te prendere il potere.

BERTOLT BRECHT

Se qualcuno parla di MERITOCRAZIA, nel nostro bel Paese, non parla di Diritto di uno Stato civile, ma è un vigliacco populista che vuole ubriacare la gente per estirpare voti. E così il nostro bel Renzi parla di merito? E’ un demagogo che ha snaturato i valori della sinistra che ha aihmé oltrepassato il vizio antico del “Compagno compagno tu lavora che io magno”. Avessi sentito un esponente dirigente di qualsiasi “fazione” politica  almeno provare a inventare un argomentazione sulla questione, si accenna per “dovere politico” piuttosto che morale l’inaccettabilità del taglio fondi che la scuola ha ricevuto nel corso degli anni, del salasso insopportabile che ha impoverito le possibilità di insegnamento, di strutture inadeguate, di laboratori inesistenti, ma tutto tace sul perché sempre più insegnanti non siano soltanto demotivati dal loro lavoro, ma lo vedano come la spiaggia di frustrazione in cui gettarsi quando ormai tutte le speranze di salpare l’onda del proprio sogno è scomparsa (poverini a confrontarsi ogni giorno con studenti convinti che non ci sia spazio per loro e si annichiliscono nel rifiuto del sapere). Io sarò pazza, ma per me il poter insegnare qualcosa, il poter aiutare qualcuno a cercare gli strumenti con cui costruire la sua forma mentis e sperare che un giorno il mio stesso allievo mi contesti pesantemente sono davvero un sogno irraggiungibile e non una deriva inaccettabile e credo che non lo farei forse bene, ma sicuramente con passione e con la voglia di gridare a questi giovani di domani, (che oggi sono io) che si può fare ciò che si vuole. Fattostà che della mia motivazione poco importa e per i miei risultati accademici duramente faticati non si spenderà nemmeno un secondo di attenzione, si faranno ricerche capillari sul chi sono io, ma non come persona, come percorso formativo, puntualità e responsabilità ma purtroppo per me come network sociale e lì? Il CV di schedatura animale attentamente redatto con le migliori tecniche di comunicazione (poi ci stupiamo che ormai si faccia soprattutto attenzione ad esse) dimostrerà che oltre il merito non ho nessuna risorsa da spendere e delusa andrò a ripiegarmi in una disoccupazione che se tutto va bene si limiterà ad essere una “disoccupazione intellettuale” e non una disoccupazione totale.
Se dico che John Stuart Mill sosteneva l’uguaglianza nei punti di partenza e non la garanzia di uguaglianza dell’arrivo, dico qualcosa in cui tutti siamo d’accordo. Se non ci fosse stata una scuola pubblica sicuramente io non sarei stata qui a scrivere, certamente non avrei avuto tempo per i miei “passatempi giochi intellettuali”, con grande dignità mi sarei accontenta di un lavoro senza richieste particolari. Ma il mio bel Paese mi ha voluto “illudere”, mi ha detto che la cultura è un ascensore sociale con cui avrei  potuto fare ciò che volevo grazie al mio impegno e alle mie capacità. Mi hanno insegnato la rivalità del cercare sempre di essere la migliore e poi oggi si stupiscono che mi si scalda la testa se mi dicono che in Italia i posti dirigenti (nel privato e soprattutto nel pubblico) sono per il 68% (scusate se è poco) gestiti dalla rete sociale di riferimento. Quando nel gergo politichese mi si cerca di convincere che il nostro Stato è questo e, il merito farebbe dei danni clamorosi perché interromperebbe il tessuto sociale mi viene l’orticaria. L’altra grande bugia è che ci sono troppi laureati, non possiamo avere tutti dirigenti. Il nostro sistema scolastico napoleonico si cerca di curare con una pomata avariata e anticostituzionale che è il numerus clausus con cui immagina di creare il giusto numero di laureati da occupare in ogni settore, senza domandarsi la percentuale di talenti potenziali andati sprecati tra una crocetta e l’altra. Ma d’altra parte un politico non potrebbe proporre quello che secondo me sarebbe auspicabile: una complessizzazione di alcuni corsi di studi che generano la “disoccupazione intellettuale”, quei corsi appartenenti ad una sorta di new university che non sono né carne e né  pesce, che sfornano laureati con voti esageratamente alti in quantità industriali limitandosi ad una programmazione e ad un peso di studio imbarazzante per una persona che a conclusione si voglia considerare “Dottore” in qualche materia. Questa falsa lettura sessantottina in cui tutti si dovevano laureare si è semplicemente ridotta ad un allungamento dell’agonia degli studenti che credono di ottenere qualcosa dal loro studio che per i più fortunati può essere molto superficiale tanto gli altri rimandano soltanto a più tardi il conto della loro provenienza sociale, dato che tali titoli hanno perso nel mondo del lavoro la loro necessaria credibilità e il discriminante da sostituire al merito ancora una volta il maledetto tessuto sociale strettamente incagliato nella maglia fitta dei giochi di potere.
Ma questo non significa che io non creda nella cultura, la conoscenza che è frutto della metabolizzazione individuale dei concetti e che non è chiusa in alcun parametro metrico di valutazione rimane per me la cosa più interessante e bella di cui l’umanità dispone :

 “Non avvilirti!
Comincia! Devi sapere tutto!
Tocca a te prendere il potere”.

e così mi sono messa ad Imparare sperando di vivere del mio MERITARE, perché qualcuno finalmente si accorgerà che se non vogliamo disastri dobbiamo riconoscere la validità ancor prima della socialità ereditaria.

Elena

lunedì 8 ottobre 2012

Se i giovani scoppiano

cortei giovani
Anche qualcuno di voi è stato giovane, una volta
Un paio di giorni fa il disagio del mondo giovanile si è imposto alla ribalta per via dei disordini provocati dalle manifestazioni degli studenti. Indipendentemente dalle polemiche sulle reazioni delle forze dell'ordine, considerate in alcuni casi eccessive, queste proteste per me sono un ottimo segno. Sono il segno di un'anima profonda e speranzosa che vuole farsi sentire. C'è troppa gente che crede che la parola giovani sia come l' apriti sesamo di Sherazad, buona per aprirsi magicamente una porta sul consenso della popolazione. C'è troppa gente che ha capito, male, che i giovani siano milioni di disadattati privi di pensiero critico che passano le proprie giornate ad idolatrare qualcuno davanti ad un pc. C'è poca gente, ma che conta molto, che ha capito, altrettanto male, che si possa trattare l'Italia come un piedistallo per la propria immagine, come una proprietà privata, come la tomba della democrazia, perché tanto se sono da quarant'anni in parlamento è perché sono esperto e meglio di me non può esserci nessuno.
E invece la maggior parte dei giovani è diversa, la maggior parte dei giovani si incazza. Non è importante di che colore siamo, non è importante se siamo contro tutti i colori, è importante che noi, se pensiamo qualcosa, la pensiamo in modo sincero. Noi non abbiamo secondi fini, a noi stare in poltrona non piace, non più di tanto. Riusciamo a pensare, perfino, che tutto potrà fare un po' meno schifo se ci impegniamo a modo nostro. Abbiamo ancora qualcosa in cui credere, magari per finta, magari solo per far colpo su una ragazza o un ragazzo, ma piano piano ci convinciamo, piano piano ci crediamo. Abbiamo ancora la speranza di poter evitare di diventare come voi, anche se la storia e la statistica ci va tremendamente contro. Sappiamo essere ancora un po' retorici e scrivere cose che, a leggerle, suonano quasi ridicole. Possiamo guardarvi in faccia e dirvi "me ne vado via" o ascoltare le vostre cazzate sull'andarsene lontano per avere successo, a seconda di quello che pensiamo, oggi diverso da ieri, domani chissà. I giovani che mi piacciono sono quelli che protestano, perché ci date troppe cose per cui protestare, perché ci piace protestare a prescindere, perché se non ci aiutate a costruire niente ce lo costruiremo da soli. Non ci riusciremo. E allora? 

Vedi anche: Quanto vale un voto? e Imu alla Chiesa bocciata

Se vuoi aiutare DiciamoNoi, il modo migliore è un più uno su google+ in fondo all'articolo o in cima alla pagina o una qualsiasi condivisione/mi piace su facebook o altro! Nonchè, ovviamente, commentare:)


domenica 7 ottobre 2012

Unione di popoli


07/10/2012 di Andrea

Questo fine settimana sono andato al festival dell’internazionale  a Ferrara,dove in un’atmosfera interessata e interessante ho potuto assistere a conferenze  e dibattiti “europei”. Gli argomenti sono stati  trattati in maniera molto approfondita e volevo condividerne le mie considerazioni con  voi.

Il fulcro del discorso si basava sulla necessità di un’identità europea, che probabilmente ancora non abbiamo maturato. Il problema che ci trasciniamo da anni è che abbiamo un’ unita monetaria non supportata da un’unità  politica, decisamente più necessaria che mai soprattutto in momenti come questi che hanno evidenziato  la debolezza del sistema. Ci siamo più preoccupati di unirci con l’Euro che non tra i popoli; il primo doveva essere un mezzo, invece abbiamo fatto in modo che l’unità monetaria fosse il fine, in più adesso non abbiamo il coraggio di fare il “gran salto”. Proprio adesso che dovremmo unirci e rafforzarci ci dividiamo sempre di più; basta prendere in esame tutti quei movimenti indipendentisti e nazionalisti che prendono piede un po’ ovunque. Il fatto è che siamo ancora molto restii all’idea di farci governare da una struttura sovranazionale alla quale abbiamo paura di dare potere, perché temiamo che non tenga presente le nostre peculiari esigenze. La verità è che l’intento di ogni Paese, quando ci si riunisce a Bruxelles, è quello di fare ciò che gli torna più comodo,senza avere il coraggio di ampliare la veduta  a cosa è meglio per tutti. Uniti nella diversità, questo deve essere in nostro credo,perché se non comprendiamo che insieme siamo più forti non potremo mai competere con le altre realtà che rischiano di farci scomparire, Paese per Paese, uno ad uno. Essere uniti introduce inoltre un altro concetto,quello di solidarietà. Che unione sarebbe se non si aiutasse il bisognoso o chi ha sbagliato? Certo non possiamo premiare chi ha speso male i propri soldi, ma nemmeno condannarli a morte certa con austerità inutili e controproducenti. A buon intenditore poche parole…



Se vuoi aiutare DiciamoNoi, il modo migliore è un più uno su Google+ sotto al post o in cima alla pagina, un mi piace/condivisione su facebook o altro nonchè, ovviamente, commentare:)

Una politica di principi, non di Principi “dalebani”


07/10/2012 di Elena

Il dibattito politico di un Paese con una crisi economica industriale e ormai sociale sembra diventato soltanto uno: Primarie si o primarie no? Nel PD se ne parla apertamente, nel PDL rimane ancora forte il network parentale sociale tipicamente italiano per cui la nomina viene fatta per passaggio dello scettro (non che nella sinistra degli ultimi anni, mascherata dietro la democratica scelta  non si sia fatta attenzione spudorata al mantenimento della poltrona).
 Eppure a meno di un semestre dal voto ancora non sappiamo i programmi che potremo confrontare, nessuno ha parlato di priorità governative. Dopo venti anni di berlusconismo folle (e sembra davvero che di berlusconiani non ce ne siano rimasti che veterani nostalgici) continuiamo a dibattere la costruzione del personaggio che meglio può rappresentare la leadership nel nostro Paese azzoppato dalla finanza speculativa prima e dal governo dei tecnici poi.
A Novembre i nostri bei politici rampanti non si sono preoccupati di volere un governo politico, lungi da loro doversi proporre agli italiani con un programma sensato,  eppure loro ne hanno fatto il loro lavoro della politica e non avrebbero dovuto di certo avere tutta questa fretta di delega verso freddi tecnici burocrati interessati alla mera rendicontazione statale. Ma tutti (chi più chi meno) contenti ci siamo ritrovati con questo bel Governo di tecnocrati, burocrati che hanno gestito il nostro Stato come un ideal type  weberiano, hanno applicato perfettamente regole e statuti senza andare minimamente ad invischiarsi nella storia politica e sociale di un popolo che non ce la sta facendo più (o che forse ce la fa ancora troppo bene per continuare a stare zitto).
Ma sono tanti quelli che hanno già una tremenda nostalgia del governo Mario Monti; ce l’hanno quelli che lottano per una riforma elettorale senza coalizioni, in cui i partiti sarebbero costretti a nominare un terzo a capo del governo non avendo nessuno la maggioranza sufficiente per proporre il proprio capogruppo, ce l’hanno quegli italiani che temono di vedersi deridere di nuovo dal Parlamento europeo con barzellettieri, ce l’hanno quei lavoratori per cui lo spread, il rendimento dei titoli di Stato e le politiche della BCE non sono altro che l’annunciazione che l’azienda in cui lavorano non avrà il finanziamento della banca rischiando il collasso. Ce l’abbiamo un po’ tutti questo timore. Come un bambino che quando finisce la storia deve andare a dormire e vorrebbe rimandare il momento in cui l’antagonista viene ucciso e la storia giunge all’epilogo i nostri politici affezionati non vogliono la sconfitta del mostro Monti per non vedersi recapitare la famosa lettera di licenziamento (le cui politiche hanno reso così frequenti) che li rimanda a casa.
Rottamare, rinnovare, ricambiare? Non so quale sia il termine più appropriato. Noi che siamo stati definiti la “generazione persa” non possiamo continuare a tenerci i Principini della vecchia generazione a governare; vogliamo tenerci alcuni princìpi, ma non vogliamo quelli che Einaudi definirebbe i “dottrinari”, quelli che non si interrogano sui propri valori, ma li accettano miseramente perché imposta dal gruppo parlamentare di appartenenza, siamo stanchi di questo assurdo vecchio modo di far politica, dove il merito non conta (ed io non ci sto a dire che il merito in questo Paese farebbe soltanto danni), dove i legami famigliari regolano le scatole cinesi del potere delle aziende e delle istituzioni, basta con questi burattini il cui punto di vista è la fede politica incondizionata e trascendentale del Partito. Non esistono principi che non siano fondati sull’esperienza, sul ragionamento e un Partito non può chiedere uniformità di pensiero, perché non può esserci uniformità di vite. Ben vengano dunque le Primarie in cui si mette in gioco la linea di partito, vorrei soltanto che al termine non trovassimo un leader, non ne abbiamo bisogno, di un programma invece che delinei l’immagine di società che ci vogliamo proporre e soprattutto che metta al primo posto la politica industriale ne abbiamo una vitale e necessaria necessità.

Bersani, Renzi ora che sappiamo finalmente che la partita è ancora aperta e che le regole ci piacciono a tutti diteci che cosa volete fare e dove volete andare: “Usato garantito o rottamatori” che sia il MERITO a scegliere la Weltanshaung per ripartire, il locomotore delle idea di sinistra a cui sarà spero rinnovato il modo di pensare e lasciato il giusto spazio di intervento individuale. Basta al vecchio PCI mascherato, basta  parlare del mio partito come di una casata mafiosa e attenzione mio caro “Usato garantito” riguarda i tuoi principi, i tuoi valori come coefficienti del tuo operato e non ti limitare a garantire il trono ai soliti Principi “dalebani” non ci occorrono più e il loro scettro di marzapane si è sciolto completamente. 


Se vuoi aiutare DiciamoNoi, il modo migliore è un più uno su Google+ sotto al post o in cima alla pagina, un mi piace/condivisione su facebook o altro nonchè, ovviamente, commentare:)

sabato 6 ottobre 2012

Imu alla Chiesa bocciata

Tipico stato degli immobili della Chiesa:
ovviamente non possono essere tassati.
Il Consiglio di Stato ha bocciato il regolamento del Governo tramite il quale si volevano dare le indicazioni sulle modalità di determinazione della tassa Imu riguardante gli immobili di Santa, Santissima Romana Chiesa. Quindi, attualmente, la tassa non può essere esatta: in sostanza, Ratzinger non paga. 
Ho da tempo perso le speranze sulla reale vocazione alla solidarietà sociale dei nostri pii salvatori di anime, in special modo dopo la recente decisione della Chiesa tedesca, appoggiata dal Vaticano, riguardo alla condizione dei cattolici: chi non versa l'8 per mille alla Chiesa perde alcuni suoi benefici sacramentali, non può fare il padrino di battesimo, se muore non può godere di funerale celebrato in chiesa. 
Ancora pieno di sincero e devoto apprezzamento per questa condotta palesemente ispirata all'evagelico "Ama il prossimo tuo come te stesso", provo però un certo ribrezzo per la condotta del Governo, forse (Dio mi perdoni o mi fulmini se mi sbaglio) ispirata più al pilatesco "Me ne lavo le mani".
Sappiamo che l' Unione Europea ci ha da tempo imposto di trovare una soluzione alla differente condizione nella quale si trovano gli edifici commerciali della Chiesa rispetto a quella di noi comuni mortali, qualificandola come una sorta di aiuto di stato. Ovviamente, un governo nel quale trovano posto ministri quali Ornaghi, Riccardi e Passera non era il maggiore indiziato per colpire con la dura scure fiscale il Vaticano. Rimango sinceramente stupito dal fatto che, proprio su questo argomento, i nostri espertissimi tecnici siano scivolati proprio su errori regolamentari, formali, che rischiano di compromettere l'effettiva riscossione della tassa. Come mai sono stati così bravi a regolamentare la riscossione delle nostre tasse e sono diventati improvvisamente così incapaci quando si è trattato dei servi del Signore? Coincidenze, senza dubbio. La versione più probabile è che, avvolti in un mistico bagliore folgorante, non siano più stati in grado di ragionare, persi nell'adorazione, per la luce o forse solo per la porpora. 

Vedi anche: I politici si ricordino che lo Stato è laico, non del Papa e Vaticano, poco Dio e tanto denaro. 

Se vuoi aiutare DiciamoNoi, il modo migliore è un più uno su google+ in fondo all'articolo o in cima alla pagina o una qualsiasi condivisione/mi piace su facebook o altro! Nonchè, ovviamente, commentare:)

giovedì 4 ottobre 2012

La continuità politica e gli investitori, quanto vale un voto?

Luigi XIV
Luigi XIV di Francia
Mario Monti si è appellato ieri sera al Pd: è necessario che si continui ad assicurare il proprio supporto alla linea politica portata avanti dall'attuale governo, al fine di rassicurare gli investitori. Mario Monti è, indubbiamente, un personaggio molto rispettato all'estero. Indubbiamente gode di una certa influenza in certi ambienti finanziari, è indubbiamente rispettato. E' anche, altrettanto indubbiamente, capace di trasmettere un'immagine molto più dignitosa del suo predecessore al di fuori del nostro paese. Io non ne condivido le scelte economiche e lo critico in innumerevoli punti, quello che però mi infastidisce più di ogni altra cosa è quella che ritengo la sua gravissima mancanza di rispetto nei confronti degli Italiani. Il Presidente passa da una disponibilità misericordiosa a continuare a governare il Paese senza candidarsi ad un appello affinché il Pd assicuri la sua mai votata linea politica per "rassicurare gli investitori". Pur ammirando la sua magnificenza, la sua eterea e fulgente luminosità nell'operare per il nostro Bene e la sua beata bontà nell'interessarsi del destino di noi miseri, ignoranti uomini senza il dono della Sapienza, ritengo che forse non abbia ben chiara la sua posizione, che non è quella di divinità. 
Nel porre il suo invito al Pd di certo non fa niente di illegittimo, tuttavia mi sfugge come sia possibile che il Presidente del Consiglio dei Ministri si preoccupi così tanto degli interessi degli investitori e così poco della volontà del suo Popolo. So bene che gli investitori portano soldi e i soldi portano benessere a tutti, ma non si può fondare uno Stato sugli investitori. Questa non è una società per azioni in mano alle banche, non è un concorso in cui si deve accontentare un giudice. Questo è uno Stato, uno Stato democratico. Mario Monti farebbe bene a capire che ciò che conta è ciò che vogliono gli Italiani, non ciò che vuole lui o chiunque altro creda di essere un illuminato salvatore portatore di superiori verità. Io voglio decidere, tutti dobbiamo voler decidere. E se decidendo sbaglieremo, sbaglieremo insieme. 

mercoledì 3 ottobre 2012

Siamo così innocenti?

2/10/12 di Andrea


In questi giorni si leggono innumerevoli articoli, si ascoltano dichiarazioni dove sembra che l’unico obiettivo di una politica malata sia  fare pulizia. Pulizia, termine  a dir poco curioso e fuori luogo se pronunciato da chi è stato sorpreso con le mani nella marmellata. Pare che tutti,ma proprio tutti, si dissocino da quello che in Italia è divenuto consuetudine  da molto tempo, troppo tempo. Leggo di  giornalisti stranieri  che, additandoci come popolo dalla memoria corta, definiscono paradossale la situazione italiana; si pensava che con  tangentopoli la classe politica italiana avesse toccato il fondo e che con  Craxi e tutta quella corruzione per gli appalti pubblici ci si sarebbe convertiti a una politica più pulita,almeno in apparenza. Questo non è chiaramente successo altrimenti non saremmo qui a discuterne. Il fatto è che la classe politica ha affinato la capacità di appropriarsi di soldi che non gli competono,cosa intollerabile specialmente in un periodo dove si richiede di fare sacrifici. Cominciamo con l’evidenziare il problema della legge elettorale (“il porcellum”)che ha consentito a tante incapacità viventi di fare carriera in politica,ma è anche vero che  non possiamo incolpare questa legge di tutto, dal momento che  per esempio Fiorito come molti altri è stato eletto con le preferenze.
Il problema vero è che noi ci siamo disinnamorati della cosa più preziosa, che da tempi immemori permette alle civiltà di vivere in comunità: l’arte del governare, non del rubare come qualcuno ha erroneamente frainteso. Troppo spesso non ci siamo informati o abbiamo detto che non era affar nostro, quando in verità avevamo il dovere di vigilare; certo ci sono gli organi di garanzia per questo ma il primo a cui un politico deve rendere conto è al proprio elettorato. La chiave di tutto non sta tanto in chi ti rappresenta,quanto  in chi  ti legittima: l’elettore,colui che con l’esercizio del diritto di voto sancisce come rappresentante dei propri ideali e interessi un individuo. Certo è che da un corpo elettorale informato, critico e partecipe non può che uscirne una buona classe dirigente. Politica  è divenuta ormai  sinonimo di corruzione,clientelismo e malaffare, tutte “attività”  che trovano terreno fertile nell’ignoranza e nel disinteresse. Con questo non  ritengo che sia esente da colpa  chi ormai di questa casta fa parte da anni, ma in gran parte la responsabilità non è da attribuire a nessun altro se non a noi stessi, che abbiamo lasciato che ci inquinassero sotto il naso la “res publica” .