venerdì 30 novembre 2012

Se Renzi è come Berlusconi

di Luca

Raffigurazione di Socrate in una cesta
Non ho nessuna particolare simpatia per Bersani, sia chiaro fin da subito. Mi permetto tuttavia un pensiero in difesa della sua posizione riguardo alla possibilità che al secondo turno delle primarie del PD votino anche coloro che non hanno votato al primo turno. Ci sono delle regole, giuste o meno, che Renzi conosceva e conosce. Non sono state imposte a nessuno ma decise di comune accordo, ed erano assolutamente note a tutti i partecipanti alle primarie. Queste regole dicono che chi non ha votato al primo turno non può andare a votare al secondo e io non solo non ci vedo nulla di strano ma lo trovo sacrosanto. Se uno era interessato alle primarie del PD, e non dico che si debba esserlo per forza, avrebbe potuto tranquillamente andare a votare al primo turno. E' una questione di rispetto per chi a votare ci è andato e ha ritenuto opportuno spendere parte del suo tempo per questo. La filosofia dell'andare a votare solo se c'è una chance è tipica di chi fa prevaricare l'opportunismo al sincero coinvolgimento nelle vicende politiche e questa è gente che andrebbe tenuta lontana da qualsiasi partito. Il voler cambiare le regole in corsa è pratica propria del Berlusconismo e di chiunque abbia in sé una mancanza di rispetto totale per le regole e per gli altri e questa è gente che andrebbe tenuta lontana da qualsiasi partito. Non mi interessa niente del fatto che le regole siano giuste o meno, mi interessa una classe politica che le regole le rispetta. Il continuo polemizzare di Renzi a tal proposito e l'adoperarsi dei suoi comitati per far registrare gente che non ha votato facendo loro fingere di essere stati impossibilitati o malati mi dà il voltastomaco. Bisognerebbe tenere presente che il rispetto viene prima di tutto.

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Rubricone: Renzi-Bersani, differenze.


30/11/2012 di Michele

TASSE
Renzi: Imu, No ai condoni.
Bersani: Sgravi fiscali sul lavoro, Sgravi fiscali per donne e giovani, riduzione aliquota Imu, Patrimoniale.

EVASIONE FISCALE
Renzi: Accordo con Svizzera per rientro capitali, Miglioramento “sistema Equitalia” favorita da una miglior tecnologia con incrocio banche dati.
Bersani: Lotta ai paradisi fiscali, Mai più un condono, Riduzione del contante in circolazione e tracciabilità a 300€ (riduzione commissini bancarie), Tracciabilità movimenti bancari, Incrocio banche dati, Armonizzazione europea dei sistemi fiscali.

EUROPA
Renzi: Stati Uniti d’Europa con elezione diretta del Presidente, BCE indirizzata alle politiche per le piccole e medie imprese, Servizio Civile obbligatorio, più rigore e più crescita, non rinegoziare il patto di stabilità.
Bersani: Stati Uniti d’Europa, Maggior controllo su tutti i bilanci, Minore austerità, Aumento politiche di investimento, Gestione comunitaria del debito, Sì al patto di stabilità, Tassare maggiormente la finanza.

FUTURO E GIOVANI
Renzi: Minor burocrazia, Velocizzazione della giustizia civile, Maggior lavoro femminile.
Bersani: Aumento fondi per il diritto allo studio, Sgravi fiscali per l’incentivazione del lavoro, Maggiore innovazione, Agenda Energetica, Maggior rispetto per l’ambiente (qualificando la produzione).

RIFORMA FORNERO
Renzi: Sì all’aumento dell’età pensionabile, Più semplicità e trasparenza, Aumentare fondi per l’autosufficienza, la disabilità e i fondi sociali dei Comuni, Regolamentazione sul lavoro basata su 60 articoli.
Bersani: Devono essere ritoccati ammortizzatori sociali, precarietà e politiche attive, pensioni proporzionate all’età in cui si ha accesso (più tardi vai in pensione, più prendi).

FIAT
Renzi: Rimanere in Italia costruendo auto di miglior qualità.
Bersani: Maggiore chiarezza.

DIRITTI CIVILI
Renzi: Civil Partnership, Adozioni più facili per gli eterosessuali.
Bersani: Legge sull’omofobia, Legge sulle Unioni Civili alla tedesca, Maggiori diritti a coloro che sono già figli di omosessuali.


CASTA E ANTIPOLITICA
Renzi: Abolizione finanziamento pubblico ai partiti, Abolizione di tutte le Province, Eliminazione di tutti i vitalizi, Stipendio del top management non superiore a 10 volte quello dell’operaio, Revisione del sistema di nomine nelle aziende partecipate dal Pubblico, Dimezzamento numero dei Parlamentari, Rafforzare la legge anticorruzione.
Bersani: Già fatti:abolizione vitalizi parlamentari e dimezzamento finanziamento pubblico ai partiti.Da fare: Tagliare 5/6.000 partecipate inutili, Sì al finanziamento pubblico ai partiti, Stipendio del Parlamentare equiparato a quello di un Sindaco di una città capoluogo,Dimezzamento numero dei Parlamentari, Legge sui partiti (per trasparenza e co.), Tetto per le retribuzioni non solo dei politici ma anche del top management delle grandi aziende.

ALLEANZE
Renzi: No a UDC (soprattutto in Sicilia)
Bersani: Sì a UDC se condivide il nostro programma (PD-SEL-Socialisti)

CRISI
Renzi: Distribuire 21 miliardi di € a chi guadagna meno di 2.000€ al mese (100€ a testa), Accrescere la capacità di spesa del ceto medio, Aumentare le tasse sul gioco d’azzardo.
Bersani: Risparmio sulla spesa pubblica, Calmierare prezzi di alcuni beni (per es. farmaci, benzina, gas, ecc…), Accrescere l’autonomia d’investimento dei Comuni, Garantire un maggior credito alla piccola impresa grazie alle garanzie della Cassa Depositi e Prestiti.

MEDIO ORIENTE
Renzi: L’Europa (e l’Italia) deve risolvere il problema della dittatura iraniana per poter combattere le crisi in Medio-Oriente e difendere le donne nei Paesi dove non hanno dignità.
Bersani: L’Europa (e l’Italia) deve risolvere il problema israelo-palestinese tramite l’accettazione della Palestina come Stato osservatore all’ONU (domanda votata il 29.11.2012) e non isolando la posizione moderata di Abu Mazen ed avallando quella estremista di Hamas.

SUD
Renzi: No alle raccomandazioni (per cosa conosci e non per chi conosci), Semplificazione, Miglior gestione dei fondi europei.
Bersani:Cultura della legalità, Lotta alla corruzione, Maggiori investimenti, Miglior uso dei fondi europei ed italiani, No all’abbandono scolastico, Miglior gestione dei Rifiuti e degli Asili nido, No ai finanziamenti prima ma sì al credito d’imposta dopo l’investimento, Lotta alla Mafia.

INDUSTRIA
Renzi: Scommessa sulla chimica verde, Riattivare la politica industriale (assente fino ad oggi), No ai sussidi alle grandi aziende e No alle grandi opere.
Bersani: Migliorare la gestione delle partecipate dallo Stato, Scommessa sulla chimica verde, Riunire i settori siderurgici, Rilanciare l’edilizia, Innovazione tecnologica e ambientale verso la riqualificazione.

CONFLITTO D’INTERESSI
Renzi: Riformare le Authorities, legge sul conflitto d’interessi nei primi 100 giorni.
Bersani: Legge sull’incompatibilità, Antitrust sulle comunicazioni.

SCUOLA E UNIVERSITA’
Renzi: Premiare il merito degli insegnanti.
Bersani: Mai più altri tagli, Fermare la fuga dei cervelli, Valorizzare gli Enti di Ricerca, Maggior turn-over, Maggiori fondi al Diritto allo Studio.

LEGGE ELETTORALE
Renzi: Come quella per l’elezione del Sindaco.
Bersani: Doppio turno a Collegi.

LIBERALIZZAZIONI
Renzi: Più pompe bianche.
Bersani: Liberalizzare farmaci, carburanti, assicurazioni, telefonia, comunicazioni.

MAFIA
Renzi: Non dimenticare gli eroi antimafia, Più mezzi alle forze dell’ordine, Combattere il racket, Investire nella lotta alla criminalità nella scuola.
Bersani:Introdurre i reati di falso in bilancio, autoriciclaggio, voto di scambio, Maggiore informatizzazione della Giustizia, Più mezzi alle forze dell’ordine.

MINISTERI
Renzi: 10 Ministri di cui 5 donne.
Bersani: 20 Ministri di cui 10 donne e molti giovani.

VIOLENZA SULLE DONNE
Renzi: Risolvere il problema culturale della violenza aumentando il lavoro femminile.
Bersani: Maggiori pene, maggiore educazione al rispetto.

IMMIGRAZIONE
Renzi: Cambiare la legge Bossi-Fini.
Bersani: Regolare i flussi.

ALTRO
Renzi: No al nucleare.
Bersani: Forte battaglia contro le Mafie.

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lunedì 26 novembre 2012

Le primarie del PDL, venghino Signori!

Il Circo, George Seurat
Il PDL, vedendo che il PD con le sue primarie è riuscito almeno a catturare un po' di attenzione, sta per preparare il contrattacco. Sono 7, o forse 9, o forse nessuno, i candidati alle primarie del partito che promette di sconvolgere la politica italiana con un'ondata di freschezza e liberalismo che possano trarci in salvo tutti dalla catastrofe. 
I campioni della libertà saranno elementi di assoluto primo piano. C'è Daniela Santanchè  ("Berlusconi è ossessionato da me. Tanto non gliela do..."), Giorgia Meloni ( "[sulle leggi ad personam] bisogna contestualizzarle. Sono delle leggi che Berlusconi ha fatto per se stesso. Ma sono leggi perfettamente giuste" ), Michaela Biancofiore ( "i bar sono pieni di gente nonostante la crisi",  [su Berlusconi]"ha il difetto di amare le donne, ma almeno non è come Marrazzo che va a transessuali, ed è un uomo normale" ), Crosetto e Cattaneo seri per caso ed Alfano, il mitico segretario che ha voluto le primarie, sua personale conquista ( "le primarie hanno senso solo se non si candida il presidente Berlusconi" ). Solo per un pelo Sgarbi, sconcertato e disgustato dalla decisione di Alfano di non candidarsi nel caso in cui lo facessero anche degli indagati [ come non capirlo?... ndr], si è ritirato. 
In tutto questo simpatico raduno di papabili Churchill di casa nostra, si è infine inserito il Buon Vecchio Silvio, sceso improvvisamente da Marte ( " la gente è molto delusa da questa politica e da questi partiti "). Ovviamente, portando con sé l'ipotesi di un abbandono dell' idea primarie nel caso di nuova, pia discesa in campo. 
Insomma, Alfano e gli altri vogliono le primarie, che Berlusconi non vuole o forse si, ma se Berlusconi c'è Alfano non si sa, Meloni si, Alfano solo senza gli indagati, Berlusconi è indagato, Snatanché pure e chiede che Alfano si ritiri, Sgarbi è disgustato, Zamparini dice che Berlusconi si fa un nuovo partito, Berlusconi è indignato, aspe no....Venghino Signori Venghino!....

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sabato 24 novembre 2012

L'arroganza dei politici

politici arroganti
Tito Livio:"L'arroganza si limita solo alle parole"
Una cosa mi infastidisce in modo particolare del nostro panorama politico, la convinzione dei politici e dei partiti di essere l'unica risposta possibile a qualsiasi bisogno politico-sociale che possiamo avere. Non capisco questa convinzione di essere si stati nel torto ma, ancora, titolari di un diritto unico a riformarsi, a cambiare. Come se in Italia ci fosse un'unica strada, come se io debba per forza e per tutta la vita guardare solo a ciò che c'è già, perché niente di nuovo potrà mai uscir fuori. 
E' evidente che chi poi trova un modo per uscir fuori, vedi 5 stelle, di queste considerazioni può abbondantemente fregarsene, ma il punto non è quello. Il punto è la convinzione incancrenita che veramente tutto ciò che di nuovo possa esserci sia per forza inferiore o peggiore di ciò che già è stato. La fastidiosa, pesante arroganza di chi crede di essere l'unico, con sessanta milioni di persone disponibili, ad essere in grado di governare l'Italia. Eppure a me sembra di aver visto passare veramente poche persone eccezionali, in questo panorama politico, sarebbe veramente misera questa nazione se non avesse altro, di meglio, da offrire.
Intendiamoci, ben vengano i propositi di cambiamento, solo accompagnati ad un po' di sana umiltà sarebbero più graditi.

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mercoledì 14 novembre 2012

Democrazia, questa sconosciuta

di Luca

Sento troppo parlare di democrazia da gente che di democrazia capisce ben poco. O forse che la capisce troppo bene e la evita per questo. Qualcuno dovrebbe spiegarmi la strana circostanza per la quale i professori in cattedra debbano essere il PDL, il PD, l'UDC, i loro simili e tutti gli allegri giornalisti che li circondano (dei quali solo in pochi non sono allineati). 
Tanto per cominciare, vorrei ricordare che nel PDL si muove raramente foglia che Berlusconi non voglia, i candidati al parlamento e alle amministrazioni locali mi pare che non vengano decisi da meccanismi più o meno democratici come le primarie o consultazioni popolari e soprattutto, quando anche lo fossero e io non ne fossi al corrente, credo sia lecito che mi possa venire il dubbio che una tale quantità di soggetti discutibili possa essere stata scelta dai cittadini. Tuttavia lo ammetto, qui era come sparare sulla Croce Rossa. Passiamo all' IDV, all'UDC, a SEL, a FLI, all'API: mi sembra che in questi partiti sia "leggermente" preponderante al figura di una persona, massimo due, che risulta essere sostanzialmente identificabile con l'intero partito e che probabilmente è vitale per il partito stesso, destinato a morire se non ci fosse più. Qualcuno può pensare ad un UDC senza Casini, un IDV senza Di Pietro, una SEL senza Vendola? Di pensare all' API non me la sento a prescindere di chiedervelo...In una situazione del genere, credo che la democrazia di fatto all'interno dei partiti sia molto limitata. Non dico che ci sia una sorta di dittatura, ma non mi sembra azzardato affermare che il potere implicito o esplicito che certi soggetti hanno sui rispettivi partiti sia troppo superiore rispetto a quello degli altri per potersi immaginare una reale parità decisionale, che loro lo vogliano o meno. 
Da ultimo il PD, i campioni delle primarie. Va riconosciuto che il solo provare ad introdurre in Italia un tale istituto è un motivo di merito, per quanto tutto possa essere perfettibile. Rimango tuttavia dell'idea che non sia molto democratico ignorare proposte di legge popolare, ignorare la volontà del popolo espressa tramite i referendum, essere in molti casi i principali attori in un sistema fatto di nomine, poltrone, enti e appalti che ha ben poco di democratico, se è vero che democrazia significa governo del popolo e che il popolo in questi meccanismi di governo effettivo entra ben poco.
Quello che mi chiedo è: come si possono dare lezioni di democrazia a chicchessia quando la situazione politica attuale è questa? I commentatori politici e i membri dei partiti che guardano la pagliuzza nell'occhio dell'altro e fingono di ignorare la trave nel proprio non mi appaiono, alla luce di queste considerazioni, un esempio di obiettività. 
Il mio pensiero finale va al Movimento 5 Stelle ed a Beppe Grillo: è vero che è una forza che si è scoperta grande da poco, è vero che si può votare online l'intero gruppo dei candidati al Parlamento, è vero che quasi chiunque sia già stato eletto sostiene pressappoco di non aver mai più avuto alcun contatto con Grillo, è vero che si vuole istituire il referendum propositivo senza quorum e che questi punti basterebbero per qualificarla come la forza politica ampiamente più democratica del nostro panorama. Quello che però serve è una grossa accelerazione verso un sistema che preveda di poter prendere anche all'interno del movimento delle decisioni in democrazia, molto più efficientemente di quanto avvenga ora. Serve evitare che ci possa essere qualcuno, nel caso specifico Grillo, che possa dire "in tv non ci si va" come se fosse una legge, non perché sia giusto o meno (a mio parere lo è) ma perché nessuno deve essere sopra agli altri, né ora né mai. E' una criticità che io vedo come molto marginale rispetto a quelle che ho citato sopra e che gode di molte possibili scusanti, tuttavia le criticità vanno risolte. Altrimenti si rischia di passare da non voler prendere lezioni da chi non può darle a non poter dare lezioni a chi non è interessato a prenderne. Praticamente, un Italia democratica in cui la democrazia non la attua nessuno, un paradosso formale, una schifezza sostanziale.

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mercoledì 7 novembre 2012

Italia, il Paese delle Responsabilità


di Lorenzo

treno italia
Vi è mai capitato in questo nostro bel Paese, di chierdervi il perché, di tanta inefficienza,
malfunzionamento o disorganizzazione per tutto ciò che ruota intorno ai servizi pubblici? O
comunque sia tutto ciò che rappresenta lo Stato, nella vita di tutti i giorni.
Faccio un esempio: io ho ventitré anni e ogni volta che viaggio in treno ho voglia di emigrare.
Ritardi, treni sporchi, lenti, rotti. Personale scortese e assenza totale di comunicazione da parte di
FS. ( Chiaramente escludendo varie Frecce super veloci e super costose, fuori dalla portata di
qualsiasi pendolare ) . 
Durante gli anni una delle risposte che mi sono dato è la mancanza di responsabilità. 
Perché un treno ritarda?
Forse per via di un problema tecnico, ma di chi è responsabilità? 
Non lo sappiamo. 
Mi chiedo: non sarebbe molto più efficiente ed utile un sistema di responsabilità, che renda il
capotreno responsabile di tutto quanto succeda nel suo treno ed al suo treno? 
Mi spiego: se il capotreno Mario Rossi ha accumulato tot ritardo in tot viaggi, allora al suo
stipendio del mese verrà sottratto un certo numero di euro.  Sarà probabile allora che i ritardi
diminuiscano, perché Mario Rossi farà tutto quanto in suo potere per far andare tutto liscio.
Perché invece è normalità arrivare a destinazione cinquanta minuti dopo l'orario scritto sul
biglietto? Perché se il treno di Mario Rossi arriva due ore in ritardo nessuno se la prende con lui?
Credo che, dal momento che tutto il sistema Paese si fonda sulle persone, ci sia bisogno di una
persona responsabile. Con delle persone di cui è responsabile sotto di lui e delle persone
responsabili sopra di lui. Ma in modo serio.
Credo che questa possa essere una strada. Chiaramente per quanto riguarda cause imputabili al
personale. E sempre chiaramente, nel mio mondo ideale non c'è un lavoratore col fiato del
superiore sul collo, super stressato, super attivo, altrimenti niente stipendio, (con treni che si
schiantano per recuperare secondi persi com'è già successo nel civilissimo Giappone). Però è ora
che qualcosa si muova in questo senso e che ci assumiamo tutti le nostre responsabilità. 
Con buone probabilità allora noi cittadini pagheremmo sì per un servizio, ma otterremmo in
cambio un risultato. 
Perché andiamo all'ufficio postale e facciamo un'ora di fila per una bolletta, mentre nel frattempo
l'impiegato allo sportello lavora a due all'ora tra una chiacchiera e una pausa?
Perché negli uffici catastali il personale non è in grado di fare una fotocopia?
Perché un medico sta giocando a tennis invece di essere in reparto?
Perché i corridoi di un ente a caso, sono pieni di gente in perenne pausa caffé?
Servono responsabilità chiare e devono essere rispettate. Perché da tutte le piccole inefficienze
dell'apparato pubblico, scaturisce un disagio per chi ne usufruisce.
Credo che vada “privatizzato” dal punto di vista della produttività, l'approccio al posto di lavoro
pubblico.
Tra le innumerevoli uscite scellerate e lontane dal mondo reale, al nostro amato ministro del
lavoro Fornero è uscito detto una volta, in tema articolo 18, di estendere la flessibilità anche per i
contratti ai lavoratori pubblici. Forse è stata l'unica volta in cui mi sono sorpreso d'accordo.
Pretendere un'operatività paragonabile a quella del privato anche del pubblico, sarebbe stata unabuona cosa, ho pensato. Nel rispetto dei diritti chiaramente. Se non altro qualcuno si era posto il
problema.
Vorrei dire che la mia non è una crociata contro il Pubblico Impiego, né sto facendo, anche se
sembra, di tutta l'erba un fascio. 
Quello che penso è che nella generazione precedente alla nostra, troppe persone hanno ricevuto,
come piovuto dal cielo, un inossidabile e indiscutibile posto statale.  Anche dove non ce n'era
bisogno, anche senza la preparazione adeguata. E con la sicurezza dello stipendio
indipendentemente dalla prestazione svolta, l'efficienza e l'applicazione sono risultate
secondarie, che “ non importa come lavoro tanto in busta paga non conta “ 
Come risultato ora abbiamo, a mio parere, una macchina dello stato  incompetente e farraginosa,
che si basa su una minoranza di dipendenti lavoratori che cerca di garantire ugualmente i servizi.
Contribuendo ad aumentare il senso di sfiducia verso il Paese, a renderlo se possibile ancora più
sfiancato e a rinforzare l'equazione Pubblico = Inetto. 
Mentre quello che invito a fare è chiedersi, di fronte ad un disagio, di chi è la responsabilità, o se si
preferisce di chi è la colpa. 
Di fronte ad una colpa siamo naturalmente disposti alla ricerca del colpevole. 
Quand'è che una responsabilità diventa colpa? Direi di abbassare la soglia.

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martedì 6 novembre 2012

De etica politica

di Claudio


politica
Il maggior problema, ossia uno dei maggiori problemi (ce ne sono tanti) che l'idea di governo fa sorgere è questo: Chi è giusto che governi? O meglio, chi è così bravo da indurre la gente a farsi governare da lui?
A ben analizzare, si vedrà che: a) chi più di ogni altra cosa desidera governare la gente è, proprio per questo motivo, il meno adatto a governarla; b) di conseguenza, a chiunque riesca di farsi eleggere Presidente dovrebbe essere proibito di svolgere le funzioni proprie della sua carica, per cui: c) la gente e il suo bisogno di essere governata sono una gran rogna. […]
Ma chi può mai governare, se a chi desidera farlo non è permesso farlo?”

Vi starete chiedendo chi sia questo guru dell'etica politica, se Marx, Rousseau, Hobbes o Tocqueville. Nessuno dei precedenti, è infatti Douglas Adams, nel capitolo ventotto del suo “Ristorante al termine dell'Universo” (seguito della famosa Guida Galattica per Autostoppisti), a sviscerare il pensiero cardine dell'etica politica. È proprio a partire da questa osservazione che lo scrittore comico-fantascientifico ci fornisce che dovremmo riflettere su l'intero sistema politico in vigore.
Chi governa, chi è al potere è li perchè vuole essere li, al comando, e questo fa di lui un potenziale danno per la società stessa che dovrebbe governare non per perseguire i propri interessi, ma per il bene della stessa.
Anche quando, seguendo le orme del sogno americano, un uomo pone ogni suo sforzo per il bene della nazione e coltiva l'ambizione di divenire presidente degli Stati Uniti per porsi al servizio della sua gente, anche in questo nobile e romanzato caso pare ovvio che egli non sarà mai preparato a governare al meglio una nazione. Ben che meno se si osserva la realtà dei fatti, in cui i candidati raramente aspirano ad una tale benevola condizione di Servizio.
La classe politica, nel particolare italiano, giunge al potere con l'obbiettivo di “fare politica” non di governare. La differenza è sostanziale, è come se la gente si mettesse a dipingere non per il gusto artistico proprio o altrui, ma per ricavarne denaro e fama. Direte: ma questo accade anche nell'arte!
Vero, ma come la musica, la scrittura o l'amore, nel frangente in cui vengono fatte per scambio di denaro, perdono il diritto di essere chiamate arti, non divengono altro che mere imitazioni di ciò che ostentano. Lo stesso discorso vale per la politica.
Certo, dal punto di vista storico è accertato che la politica dall'alba dei tempi sia stata effettivamente un modo per avere potere. Ma la democrazia sulla quale ne nostre nazioni sono fondate, non è stata pensata come metodo di controllo della popolazione ma come un mezzo per la popolazione per auto gestirsi e proteggersi.
La pubblica amministrazione dovrebbe essere al servizio dei cittadini, garantendone sicurezza e la felicità. Riportando l'articolo 3 della costituzione italiana: “[...] È compito della repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione della politica, economica e sociale del Paese.” Amministrazioni clientelari e nepotistiche sono però all'ordine del giorno, incostituzionalmente aggrappate ad un concetto di politica vecchio che andrebbe cancellato. L'accezione “classe politica” andrebbe menzionata nei dizionari come un arcaico metodo di lucro, non come la realtà dei fatti. Un mondo governato da persone adatte alle cariche per cui si candidano è possibile, ma può essere perpetuato solo da noi cittadini. Questo vuole essere un invito a scegliere con cognizione il destinatario della nostra delega. Non è più il tempo, di mettere una croce su di un viso convincente o su un simbolo di partito legato ad un ideale ormai morto, al contrario, non lo è mai stato. È tempo di eleggere solo coloro che siano realmente in grado di governare adeguatamente la nazione nella quale vorremmo essere orgogliosi di vivere.

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domenica 28 ottobre 2012

RubRicone: Berlusconi:no Imu, no Monti, no crisi, no Grillo, no no e poi no.

di Michele

fenice politica
Da Wikipedia: “la fenice, spesso nota anche con l'epiteto di Araba fenice, era un uccello mitologico noto per il fatto di rinascere dalle proprie ceneri dopo la morte.
Una dote che senza dubbio nessuno è in grado di negaare a Silvio Berlusconi è sicuramente quella di saper rinascere dalle proprie ceneri.Dopo la delusione dell’esperienza di Governo del ’94 e con diversi processi in ballo, sembrava già dover uscire dalla scena politica italiana; sembrava che la legge (che non c’è stata) sul conflitto di interessi l’avrebbe fatto tornare esclusivamente alle preoccupazioni imprenditoriali ed invece in 5-6 anni ha riformato il partito ed ha rivinto le elezioni governando per un’intera legislatura.La deludente esperienza prodiana del 06-08 l’ha riportato a Palazzo Chigi ma le molte intercettazioni, tra puttane e Lavitola, lo spread ed i dissidi interni (ed anche l’età se volete) avevano dato a tutti l’impressione che fosse finalmente giunta la fine della carriera politica di Silvio Berlusconi.Ed invece no!
Ed invece ci sono ancora dei conti da regolare, delle leggi ad-personam da fare, la “magistratocrazia” da estirpare, il Governo Monti da far cadere (che fino ad oggi ha appoggiato e del quale aveva anche paventato la sciagurata idea di un bis), l’Imu da cancellare, la coercizione tributaria da eliminare, il Demonio comunista da cacciare.
Ma questa volta non andrà così.
Ormai Berlusconi è una bestia impaurita e come il cinghiale che, ferito dalle fucilate continua a corrrere per qualche centinaio di metri verso morte certa chissà dove, anche lui spaventato dalla sua (o sue, vedremo il caso Ruby) condanna, ha fatto ricorso a tutto il suo vecchio repertorio populista, sparando a zero su tutto e tutti e cercando di fare opposizione piuttosto che governo (che è più facile in momenti di crisi) nella speranza di poter raccogliere un qualche consenso, ormai ridotto all’osso, per poter ancora una volta sedere in Parlamento ed ancora una volta sfuggire alla Giustizia.
Ma la transizione nel PDL è già iniziata, i cosiddetti “falchi” già si stavano scannando per la leadership, il povero Alfano che finalmente da un po’ riusciva a non essere solamente il burrattino del grande Mangiafuoco di Arcore è rimasto spiazzato e se farà un passo indietro per la segreteria (come chiede la Santanchè) allora di sicuro non lo farà per la poltrona di Premier.Napoli addirittura si è sbilanciato dicendo che Berlusconi nel Pdl ormai è in minoranza (non penso) ma di sicuro non gode più dell’appoggio incondizionato di tutti.
Il consenso popolare ormai non è in grado di far ritornare il Pdl (che ormai ha in Parlamento una rappresentanza più che doppia rispetto alla realtà politica attuale) come il primo partito d’Italia (ricordiamoci che la perdita dei consensi nel Pdl è avvenuta CON Berlusconi e non dopo)  anche gli ex-Berlusconiani capiscono (finalmente) che non è più il momento di baraldate e che è l’ora di fare un passo (non indietro, non di lato, ma come si è sempre detto prima di queste locuzioni-buffonata) avanti verso un Governo serio che riesca finalmente a riformare il Paese per metterlo in sicurezza dalla tempesta economico-finanziaria).
Qualsiasi colpo di scena non riuscirà a convincere ancora e forse, se riuscirà a mantenersi unito ma ne dubito, allora il Pdl riuscirà a tenere il terzo posto tra i consensi degli italiani che ormai hanno ucciso la Fenice.


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Vedi anche: RubRicone 12/10/12

lunedì 15 ottobre 2012

Crescita maledetta

di Andrea

Siamo nell’era della crescita obbligata. Ma perché dobbiamo vivere con l’idea fissa che dobbiamo crescere? E’ giusto? Ma soprattutto è sostenibile?
Tante sono le discussioni riguardo a questo tema ma nessuno sembra voler mai mettere seriamente in discussione il vero nocciolo della questione, il nostro sistema produttivo. Non si può negare che questo ci abbia aiutato a stare meglio, a vivere più a lungo e ad arricchirci; ma la domanda che sorge è questa: siamo sicuri che questo sistema sia il migliore,quello che massimizza l’utilità di tutti? Oppure è solo un metodo che arricchisce chi  ricco lo è già e ritaglia uno spazio sempre più marginale, più costretto ai meno abbienti?
 Prendiamo il Pil, che dovrebbe indicare l’indice di sviluppo di un Paese,di crescita e quindi di benessere. Negli ultimi decenni è cresciuto in modo sostenuto,quindi dovremmo essere soddisfatti. Ma quello che l’indicatore non dice sono tutti gli effetti collaterali che ne hanno conseguito. Per esempio non si tiene in considerazione l’inquinamento prodotto, la distribuzione iniqua della ricchezza, l’utilizzo screanzato delle risorse  e il benessere della persona, che oltre al denaro necessita di tempo libero, spazi verdi e felicità alla quale non si dedica più la minima attenzione.
 Con questo non voglio dire che stiamo male, anzi non abbiamo mai avuto tanto benessere come in questi tempi, ma la mia critica si basa sul ritenere questo benessere fittizio, finto, costruito. Siamo nella società dei consumi dove l’importante è comprare, continuamente senza sosta perché bisogna tenere in piedi un sistema produttivo obsoleto che rischia di crollare come un castello di carta. La felicità rappresentata come possesso. Non siamo nient’altro che consumatori, numeri, cifre e se permettete mi offendo. Mi offendo perché credo di valere molto di più e per questo mi rifiuto di pensare di essere solo “qualcosa” che nasce,cresce,consuma e poi muore; tutto all’interno di un contesto immutabile e indiscutibile dove si bada 
 solo alla quantità e non alla qualità.
Non sono disposto a sacrificare la mia salute,le mie energie e il mio tempo per questo mito della crescita, soprattutto se questo non mi fa essere più felice.

Grafico dell' Economist sulla relazione tra Gdp (il Pil) e la felicità degli individui,(in verticale trovate il Pil pro capite a parità di potere d'acquisto e in orizzontale la percentuale di persone che si dichiarano felici)

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venerdì 12 ottobre 2012

Quello che io non perdono

di Luca


no perdono
Discutendo con varie persone e guardando la televisione, capisco che molte persone considerano Matteo Renzi come un candidato che possa dare una svolta al PD e portarlo sulla via della modernità. Sembra essere la risposta al problema di mancanza di fiducia nella politica che ci interessa, tutti. Approvo molto di quello che Renzi dice, in tutta sincerità. Ma, se si parla di Renzi e di PD, sono molte le cose che non perdono. Non perdono il suo appoggio a Marchionne l'anno scorso: è facile parlare ora, doveva esserlo altrettanto farlo quando si costrinsero gli operai a sottoporsi a referendum incivili e contrari a ogni idea di democrazia che io possa concepire. Non discuto le ragioni economiche della faccenda, discuto il subordinare  i diritti di una persona a tali ragioni, questa è l'Italia e l'Italia deve essere un paese in cui tutto si fa in modo democratico. Non perdono a Renzi l'ostilità alla patrimoniale: secondo Forbes i dieci italiani più ricchi posseggono tanto quanto i tre milioni più poveri. E' una cosa vergognosa ed indegna, di fronte alla quale chiunque viva nello stesso tempo in cui sto vivendo io dovrebbe avere il buon senso di capire che è necessario un forte intervento su questi patrimoni. Non solo sarebbe un efficace metodo per far entrare nelle casse dello Stato un po' di soldi, sarebbe un segnale, sarebbe un simbolo, per uno Stato che deve essere equo, che deve pensare ai suoi cittadini. In Francia Hollande ha tassato al 75% i redditi sopra al milione di euro, non credo che qualche milionario possa morire se sottoposto a simile trattamento anche in Italia. Non perdono al PD gli scandali che lo coinvolgono, le decine di amministratori indagati, imputati, condannati. Non perdono al PD le garanzie a Berlusconi che "le televisioni non sarebbero state toccate". Non perdono al PD l'essersi accorti con anni di ritardo che non si può fare una legge contro la corruzione se chi la vota è un corrotto. Non perdono al PD l'essere contro di Pietro e il non appoggiare apertamente i pm di Palermo, perché la lotta alla mafia è una cosa seria e perché quelli come me si sono stufati di segreti di Stato e verità occultate. Non perdono al PD le parole vuote, i "faremo le riforme", i "bisogna dare delle risposte", i discorsi senza capo ne coda che da anni ci vengono propinati in televisione. Non perdono gli ultimi vent'anni, nei quali il gruppo dirigente è stato sempre lo stesso e che ci hanno portati in questa situazione. Non perdono me stesso, per essere stato troppo poco critico in passato.
 Che Renzi possa cambiare il PD è da vedere, se ci riuscirà magari comincerò a perdonare loro qualcosa. Intanto, non voterò un partito che, Renzi vincente o meno, porterà in parlamento D'Alema, Veltroni, Rosy Bindi, Violante. Credo che in pochi casi, quando si costruisce una nuova casa, si usa il cemento di quella appena distrutta. Forse solo se c'è una grossa penuria di materiale. Ma io non perdono chi crede che in Italia ci sia solo una risposta, chi crede che non ci sia nuovo materiale per costruire, chi crede che non ci siano idee.  Non perdono chi crede che la sua via sia la sola via possibile e crede che chiunque la pensi in modo diverso sia per forza un idiota urlante e privo di ogni facoltà di espressione del proprio libero pensiero. Per essere arroganti ci vogliono ben altri risultati , rispetto a quelli che questi signori credono di poter portare come prova della propria superiorità.



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RUBrICONE 12/10/2012


tagli stipendi
12/10/2012 di Michele

La sentenza della Corte Costituizionale in merito al decreto legge (poi divenuto legge) riguardante i “tagli” alle retribuzioni dei Magistrati rappresenta perfettamente la contorta logica italiana di dualismo ideologico.
Il Governo Berlusconi (più o meno un’era geologica fa, ma non ne sono sicuro) aveva  approvato un decreto legge prevedente una riduzione di retribuzione dei Magistrati in termini sia di “stipendio” che di “indennità” (se così si possono chiamare).Le rimostranze dei Magistrati hanno seguito l’iter giudiziario consono, fino ad arrivare alla Corte Costituzionale che ieri si è espressa negativamente in merito, spiegando che queste riduzioni violavano in primis il principio di indipendenza della Magistratura; non rispettavano il principio di contribuzione in base al reddito (ma solo in base alla professione o all’ordine in quanto vanno ad intaccare le tasche di una sola categoria di dipendenti pubblici) ed addirittura ledevano anche il principio per cui chi ha di più deve contribuire in maniera maggiore (in quanto togliendo un’indennità identica per qualsiasi magistrato andavano ad intaccare con maggior efficacia il reddito disponibile di quei magistrati che hanno una retribuzione minore).
L’unione del tremontiano interesse economico e del berlusconiano interesse repressivo hanno dato vita a questo controverso decreto legge che se da un lato mostra l’ingerenza di uno dei tre poteri fondamentali dello Stato (esecutivo) su di un altro (giudiziario), tipico delle dittature, da l’altro la sua incostituzionalità fa accapponare la pelle dei sempre più (e sempre più noi) che non arrivano alla fine del mese e che vedono queste misure di riduzione della spesa pubblica applicate a redditi superiori a 70,000/80,000 euro essere cancellate nella più prestigiosa aula di Tribunale.
Chi ha ragione? Entrambi.
L’indipendenza dell’organo giudiziario non può essere messa in discussione nemmeno per piccoli “aggiustamenti” economici perché questo significherebbe creare un precedente per determinare un potere più forte degli altri (l’esecutivo) che da solo è in grado di gestire l’intero apparato statale (vedi le dittature di ogni colore) oppure per antitesi (considerata la situazione economico/politica), la deriva che ci attende è quella populistico-americana in cui 10 bifolchi scelti a caso e scevri di ogni nozione giuridica vengono scelti per garantire il rispetto della legge, quindi un tribunale di eletti. Quindi è bene che l’apparato giudiziario rimanga completamente autonomo dagli altri due.
D’altro canto, viste le manovre “lacrime e sangue” che tutti noi stiamo assaporando di buongusto da Novembre, sarebbe più che opportuno che tutto il servizio della Pubblica Amministrazione fosse ampiamente riformato (magari non togliendo i buoni pasto agli impiegati a 1200€ al mese ma tagliando un bel po’ di super dirigenti da centinaia di migliaia di euro all’anno, figli del clientelismo; lo so che sembra retorica ma ce ne sono tanti e contano molti buoni pasto) e se, come è e come voglio che rimanga, dobbiamo garantire l’autonomia dei Magistrati, allora sarebbe opportuno che il CSM (magari di concerto con il Ministro dell’Economia e quello della Giustizia) stabilissero delle riduzioni anche per chi con un cospicuo reddito è giusto che contribuisca al risanamento dei conti come ogni altro dipendente pubblico; fermo restando la mia idea economica di “rilancio” basata in primo luogo sulla “correzione” della spesa pubblica e non sulla sua “riduzione”.

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mercoledì 10 ottobre 2012

Lode alla conoscenza; lode alla società del merito

di Elena

Impara la cosa più semplice!
Per quelli il cui tempo è venuto
non è mai troppo tardi!
impara l’abbici: non basta è vero,
ma imparalo! Non avvilirti!
Comincia! Devi sapere tutto!
Tocca a te prendere il potere.

Impara, uomo all’ospizio!
Impara, uomo in prigione!
Impara, donna in cucina!
Impara sessantenne!
Tocca a te prendere il potere!

Frequenta la scuola senzatetto!
Procurati sapere tu che hai freddo!
Affamato impugna il libro: è un arma.
Tocca a te prendere il potere.

Compagno, non temere di chiedere!
Non dar credito a nulla,
Controlla tu stesso!
Quello che non sai di tua scienza
in realtà non lo sai.

Verifi ca il conto:
tocca a te pagarlo.
Poni il dito su ogni voce,
chiedi cosa signifi ca
Tocca a te prendere il potere.

BERTOLT BRECHT

Se qualcuno parla di MERITOCRAZIA, nel nostro bel Paese, non parla di Diritto di uno Stato civile, ma è un vigliacco populista che vuole ubriacare la gente per estirpare voti. E così il nostro bel Renzi parla di merito? E’ un demagogo che ha snaturato i valori della sinistra che ha aihmé oltrepassato il vizio antico del “Compagno compagno tu lavora che io magno”. Avessi sentito un esponente dirigente di qualsiasi “fazione” politica  almeno provare a inventare un argomentazione sulla questione, si accenna per “dovere politico” piuttosto che morale l’inaccettabilità del taglio fondi che la scuola ha ricevuto nel corso degli anni, del salasso insopportabile che ha impoverito le possibilità di insegnamento, di strutture inadeguate, di laboratori inesistenti, ma tutto tace sul perché sempre più insegnanti non siano soltanto demotivati dal loro lavoro, ma lo vedano come la spiaggia di frustrazione in cui gettarsi quando ormai tutte le speranze di salpare l’onda del proprio sogno è scomparsa (poverini a confrontarsi ogni giorno con studenti convinti che non ci sia spazio per loro e si annichiliscono nel rifiuto del sapere). Io sarò pazza, ma per me il poter insegnare qualcosa, il poter aiutare qualcuno a cercare gli strumenti con cui costruire la sua forma mentis e sperare che un giorno il mio stesso allievo mi contesti pesantemente sono davvero un sogno irraggiungibile e non una deriva inaccettabile e credo che non lo farei forse bene, ma sicuramente con passione e con la voglia di gridare a questi giovani di domani, (che oggi sono io) che si può fare ciò che si vuole. Fattostà che della mia motivazione poco importa e per i miei risultati accademici duramente faticati non si spenderà nemmeno un secondo di attenzione, si faranno ricerche capillari sul chi sono io, ma non come persona, come percorso formativo, puntualità e responsabilità ma purtroppo per me come network sociale e lì? Il CV di schedatura animale attentamente redatto con le migliori tecniche di comunicazione (poi ci stupiamo che ormai si faccia soprattutto attenzione ad esse) dimostrerà che oltre il merito non ho nessuna risorsa da spendere e delusa andrò a ripiegarmi in una disoccupazione che se tutto va bene si limiterà ad essere una “disoccupazione intellettuale” e non una disoccupazione totale.
Se dico che John Stuart Mill sosteneva l’uguaglianza nei punti di partenza e non la garanzia di uguaglianza dell’arrivo, dico qualcosa in cui tutti siamo d’accordo. Se non ci fosse stata una scuola pubblica sicuramente io non sarei stata qui a scrivere, certamente non avrei avuto tempo per i miei “passatempi giochi intellettuali”, con grande dignità mi sarei accontenta di un lavoro senza richieste particolari. Ma il mio bel Paese mi ha voluto “illudere”, mi ha detto che la cultura è un ascensore sociale con cui avrei  potuto fare ciò che volevo grazie al mio impegno e alle mie capacità. Mi hanno insegnato la rivalità del cercare sempre di essere la migliore e poi oggi si stupiscono che mi si scalda la testa se mi dicono che in Italia i posti dirigenti (nel privato e soprattutto nel pubblico) sono per il 68% (scusate se è poco) gestiti dalla rete sociale di riferimento. Quando nel gergo politichese mi si cerca di convincere che il nostro Stato è questo e, il merito farebbe dei danni clamorosi perché interromperebbe il tessuto sociale mi viene l’orticaria. L’altra grande bugia è che ci sono troppi laureati, non possiamo avere tutti dirigenti. Il nostro sistema scolastico napoleonico si cerca di curare con una pomata avariata e anticostituzionale che è il numerus clausus con cui immagina di creare il giusto numero di laureati da occupare in ogni settore, senza domandarsi la percentuale di talenti potenziali andati sprecati tra una crocetta e l’altra. Ma d’altra parte un politico non potrebbe proporre quello che secondo me sarebbe auspicabile: una complessizzazione di alcuni corsi di studi che generano la “disoccupazione intellettuale”, quei corsi appartenenti ad una sorta di new university che non sono né carne e né  pesce, che sfornano laureati con voti esageratamente alti in quantità industriali limitandosi ad una programmazione e ad un peso di studio imbarazzante per una persona che a conclusione si voglia considerare “Dottore” in qualche materia. Questa falsa lettura sessantottina in cui tutti si dovevano laureare si è semplicemente ridotta ad un allungamento dell’agonia degli studenti che credono di ottenere qualcosa dal loro studio che per i più fortunati può essere molto superficiale tanto gli altri rimandano soltanto a più tardi il conto della loro provenienza sociale, dato che tali titoli hanno perso nel mondo del lavoro la loro necessaria credibilità e il discriminante da sostituire al merito ancora una volta il maledetto tessuto sociale strettamente incagliato nella maglia fitta dei giochi di potere.
Ma questo non significa che io non creda nella cultura, la conoscenza che è frutto della metabolizzazione individuale dei concetti e che non è chiusa in alcun parametro metrico di valutazione rimane per me la cosa più interessante e bella di cui l’umanità dispone :

 “Non avvilirti!
Comincia! Devi sapere tutto!
Tocca a te prendere il potere”.

e così mi sono messa ad Imparare sperando di vivere del mio MERITARE, perché qualcuno finalmente si accorgerà che se non vogliamo disastri dobbiamo riconoscere la validità ancor prima della socialità ereditaria.

Elena

lunedì 8 ottobre 2012

Se i giovani scoppiano

cortei giovani
Anche qualcuno di voi è stato giovane, una volta
Un paio di giorni fa il disagio del mondo giovanile si è imposto alla ribalta per via dei disordini provocati dalle manifestazioni degli studenti. Indipendentemente dalle polemiche sulle reazioni delle forze dell'ordine, considerate in alcuni casi eccessive, queste proteste per me sono un ottimo segno. Sono il segno di un'anima profonda e speranzosa che vuole farsi sentire. C'è troppa gente che crede che la parola giovani sia come l' apriti sesamo di Sherazad, buona per aprirsi magicamente una porta sul consenso della popolazione. C'è troppa gente che ha capito, male, che i giovani siano milioni di disadattati privi di pensiero critico che passano le proprie giornate ad idolatrare qualcuno davanti ad un pc. C'è poca gente, ma che conta molto, che ha capito, altrettanto male, che si possa trattare l'Italia come un piedistallo per la propria immagine, come una proprietà privata, come la tomba della democrazia, perché tanto se sono da quarant'anni in parlamento è perché sono esperto e meglio di me non può esserci nessuno.
E invece la maggior parte dei giovani è diversa, la maggior parte dei giovani si incazza. Non è importante di che colore siamo, non è importante se siamo contro tutti i colori, è importante che noi, se pensiamo qualcosa, la pensiamo in modo sincero. Noi non abbiamo secondi fini, a noi stare in poltrona non piace, non più di tanto. Riusciamo a pensare, perfino, che tutto potrà fare un po' meno schifo se ci impegniamo a modo nostro. Abbiamo ancora qualcosa in cui credere, magari per finta, magari solo per far colpo su una ragazza o un ragazzo, ma piano piano ci convinciamo, piano piano ci crediamo. Abbiamo ancora la speranza di poter evitare di diventare come voi, anche se la storia e la statistica ci va tremendamente contro. Sappiamo essere ancora un po' retorici e scrivere cose che, a leggerle, suonano quasi ridicole. Possiamo guardarvi in faccia e dirvi "me ne vado via" o ascoltare le vostre cazzate sull'andarsene lontano per avere successo, a seconda di quello che pensiamo, oggi diverso da ieri, domani chissà. I giovani che mi piacciono sono quelli che protestano, perché ci date troppe cose per cui protestare, perché ci piace protestare a prescindere, perché se non ci aiutate a costruire niente ce lo costruiremo da soli. Non ci riusciremo. E allora? 

Vedi anche: Quanto vale un voto? e Imu alla Chiesa bocciata

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